No vax e No pass in chat: «Lanciamo le bombe»
Perquisizioni in sedici città La procura di Torino indaga per istigazione a delinquere: sequestrati un fucile, una balestra e una tanica d'acido. Chiesto l'oscuramento dei canali social su cui si organizza la protesta
Perquisizioni in sedici città La procura di Torino indaga per istigazione a delinquere: sequestrati un fucile, una balestra e una tanica d'acido. Chiesto l'oscuramento dei canali social su cui si organizza la protesta
Diciassette perquisizioni ieri in tutta Italia, coordinate dalla procura di Torino: la Digos indaga sugli attivisti No vax e No green pass che da mesi si organizzano sul canale Telegram «Basta dittatura», l’ipotesi di reato è istigazione a delinquere con l’aggravante del ricorso a strumenti telematici e istigazione a disobbedire le leggi. Il gruppo era arrivato ad avere oltre 40mila follower: chiuso a settembre perché diffondeva indirizzi e numeri di telefono di giornalisti e politici da minacciare, arrivando a mettere nel mirino persino il presidente Mattarella, è tornato attivo e punto di riferimento delle proteste d’autunno.
L’operazione ha coinvolto attivisti di Torino, Brescia, Ancona, Cremona, Imperia, Milano, Pesaro Urbino, Padova, Pescara, Palermo, Pordenone, Roma, Salerno, Siena, Treviso, Trieste e Varese. A Siena la polizia ha sequestrato un passaporto, cimelio d’epoca nazifascista. A Brescia e Cremona sono stati rinvenuti un fucile, baionette e una balestra. A Torino, su tre indagati, due hanno avuto il foglio di via. A Palermo uno dei perquisiti nelle chat incitava a gettare acido contro la polizia: a casa ne aveva una tanica da 5 litri.
Sotto indagine sono finiti i maggiori utenti del canale: «Siamo arrivati a loro attraverso un lungo lavoro di monitoraggio – ha spiegato la dirigente della polizia postale, Fabiola Silvestri -. Ma non sono stati ancora identificati gli amministratori del canale, per il quale è stato disposto il sequestro». Gli investigatori chiedono l’oscuramento anche di altri canali simili. Un circuito dove da settimane gira un volantino con la convocazione di una manifestazione nazionale a Roma per il 20 novembre al Circo Massimo. Nelle conversazioni, gli indagati «facevano esplicito riferimento a impiccagioni, fucilazioni, gambizzazioni, nuove marce su Roma». Obiettivi il premier Draghi, polizia, medici, scienziati, giornalisti e, in generale, chi viene accusato di «collaborazionismo con la dittatura in atto».
La notizia delle perquisizioni ha provocato una nuova ondata di commenti sia sul canale «Basta dittatura» che su quelli satellite, nell’ambito della galassia No vax, come «No green pass Adesso basta» o «Basta dittatura – proteste». Come, ad esempio, le minacce nei confronti di procura e questura di Torino: «Sapete cosa fare alla pm Valentina Sellaroli, a tutta la procura di Torino e al questore Vincenzo Ciarambino». Oppure: «Bisognerebbe andare sotto il palazzo a lanciare bombe, così la smettono con questa dittatura».
La prima inchiesta di fine agosto aveva registrato conversazioni in cui si ipotizzavano lanci di molotov contro i camion delle Tv, droni con cui bombardare il parlamento, call bombing contro politici e medici. Il timore è che questi gruppi possano essere infiltrati da strutture in grado di indirizzarne la rabbia utilizzando i canali social. Gli inquirenti non fanno riferimento a una matrice precisa, ma finora si è visto un evidente tentativo da parte di Forza nuova.
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