Lavoro

«No alle decontribuzioni a pioggia per le imprese»

«No alle decontribuzioni a pioggia per le imprese»Manifestazione della Cgil – Eidon

Cgil e Fiom sul decreto Agosto «Gli sgravi al Sud non siano un guadagno per le aziende senza nuova occupazione»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 8 agosto 2020

Il testo del dl Agosto è rimasto sulle montagne russe per tutto il giorno anche ieri, tra anticipazioni, accordi in bilico e nuovi bonus dell’ultimo minuto. I sindacati hanno assunto un atteggiamento cauto, in attesa di avere il provvedimento definitivo. «Difficile valutare la parte del decreto sui licenziamenti – il commento nel pomeriggio di Tania Scacchetti, segretaria confederale della Cgil -, bisogna vedere quale equilibrio è stato trovato rispetto alle altre misure come investimenti, sanità, imprese. Se dovesse essere confermato il blocco delle uscite per le aziende che accedono alla cassa integrazione o alla decontribuzione, diremmo che il governo sta andando nella direzione auspicata».

Non tutte le misure convincono la Cgil: «Sulle decontribuzioni a pioggia abbiamo molte perplessità. Da quello che leggiamo, basta non utilizzare la cig per ottenere gli sgravi contributivi ma potremmo trovarci in presenza di un’impresa che non ha difficoltà sul mercato e che comunque accede a un’agevolazione».

Capitolo Sud, il ministro Giuseppe Provenzano ha inserito nel dl la riduzione del carico contributivo del 30% per i lavoratori del Mezzogiorno: «Anche in questo caso – spiega Scacchetti – dobbiamo analizzare il testo per verificare se si tratta di altri sgravi a pioggia o se la misura è accompagnata da un piano di investimenti». I sindacati continuano a ragionare su nuove mobilitazioni: «Stiamo ancora valutando lo sciopero generale del 18 settembre – conclude -. Vanno bene le politiche di sostegno ma ci vogliono investimenti e sviluppo. Intanto, stanno saltando i tavoli per il rinnovo dei contratti nazionali: firmato quello degli alimentaristi, restano ancora fuori 10 milioni di lavoratori».

Attende ugualmente di analizzare nel dettaglio il provvedimento definitivo Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom con delega all’automotive: «Per superare questa fase ci devono essere alcuni punti fermi. Le persone occupate devono continuare a mantenere il posto di lavoro attraverso ammortizzatori adeguati, quindi lo stop ai licenziamenti è centrale. Naturalmente è assolutamente necessario ragionare anche sulla riforma degli ammortizzatori sociali perché la pandemia ha reso evidente che serve un meccanismo universale. Basta pensare che durante il lockdown, con il blocco assoluto dei licenziamenti in corso, i precari hanno perso comunque il lavoro».

Il punto è, parallelamente, aumentare l’occupazione: «Si può ragionare su fiscalità di vantaggio e contratti di solidarietà attiva, di carattere espansivo, grazie ai quali, ad esempio, i lavoratori con contratti in somministrazione possano rientrare nel perimetro degli stabilizzati», prosegue De Palma. Uscire dalla crisi utilizzando percorsi differenti: «L’emergenza ha accelerato la trasformazione industriale del paese in senso tecnologico e green. Questo impone investimenti in formazione, uno strumento che può essere utilizzato anche per ammortizzare le ore di lavoro perse. Nel dl Rilancio il tema era affrontato ma con un investimento esiguo. Non sono quindi stati avviati i necessari tavoli di settore».

Gli investimenti sono il tema centrale: «Nel comparto automotive – spiega ancora – il governo si è mosso incentivando gli acquisti di auto elettriche ma si tratta di una spesa che aiuta i costruttori in generale, soprattutto europei e stranieri. Invece c’è bisogno di sostenere la filiera italiana dell’auto nella transizione verso l’elettrico. A cominciare dallo stabilimento di Pratola Serra che produce motori diesel».

Infine, la decontribuzione al Sud: «Bisogna fare attenzione a come si costruisce questa misura – conclude De Palma – perché potrebbe risolversi in un maggiore guadagno per le imprese e non in nuova occupazione. Il Mezzogiorno, invece, ha bisogno di strumenti che ricollochino chi ha subito dei processi di uscita e, soprattutto, giovani e donne. Quindi, non semplicemente più soldi alle imprese ma innescare un processo che porti a un saldo positivo in termini di occupazione».

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