Internazionale

No a un’altra guerra in Libia

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Appello L’abbattimento di Gheddafi ha riportato il paese a due secoli fa. Gentiloni rifletta

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 10 febbraio 2015

L’abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima della presenza ottomana. In altre parole, si è tornati a una tribalizzazione del territorio. Scomparsi i confini amministrativi, ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere.

Non c’è alcun dubbio che Muammar Gheddafi sia stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l’ha dotata di un forte esercito e di un’eccellente amministrazione al punto che il reddito procapite del libico era il più alto dell’Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.
A tre anni dal suo assassinio (avrebbe meritato un processo), la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall’estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra.

Nel corso della prima infausta guerra, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subito danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari. Poiché le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.

In un solo caso l’Italia può intervenire, nell’ambito di una missione di pace e dietro la precisa richiesta dei due governi di Tripoli e di Tobruk che oggi si affrontano in una sterile guerra civile. Ma anche in questo caso l’azione dell’Italia deve essere coordinata con altri paesi europei e l’Unione Africana (Ua), animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza.

Ci appelliamo al nostro ministro degli esteri Gentiloni, che non si faccia catturare dai venti di guerra che stanno soffiando insistenti. Ma sopratutto chiediamo a tutto il movimento per la pace perché faccia pressione sul governo Renzi affinché l’Italia, come ex-potenza coloniale, porti i vari rivali libici attorno a un tavolo. Questo per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell’Europa.

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