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Niente mais modificato nei piatti dei messicani

Il fatto della settimana La decisione del Messico è importante per tutti paesi dell’area, ma l’Argentina nel 2019 ha autorizzato il grano transgenico

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 28 gennaio 2021

Le battaglie che si stanno combattendo in America latina per contrastare l’invasione degli Ogm registrano risultati alterni. I governi latino-americani hanno una storia di concessioni facili per quanto riguarda la produzione di Ogm, favorendone la diffusione. Questa volta la buona notizia arriva dal Messico. Un decreto del governo, in vigore da gennaio, stabilisce un percorso per eliminare entro tre anni il mais geneticamente modificato e il glifosato, l’erbicida a cui è associato.

NEL DECRETO SI AFFERMA CHE «le autorità messicane revocheranno tutte le autorizzazioni e si asterranno dal concedere permessi per la disseminazione di sementi geneticamente modificate, vietando la coltivazione di tutte le piante il cui patrimonio genetico è stato manipolato per conferire caratteristiche che non possiedono naturalmente». Viene affidato agli organismi statali il compito di promuovere attività produttive sostenibili e sicure per la salute umana e l’ambiente. Il Consiglio nazionale della scienza e della tecnica è l’organismo che dovrà attuare le riforme legali necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati.

INTORNO AL MAIS, SIMBOLO DEL MESSICO, si costruisce un progetto che apre prospettive nuove in campo alimentare, ambientale, sociale. La coltivazione del mais ha caratterizzato le grandi civiltà dell’America precolombiana e ancora oggi rappresenta un patrimonio biologico, agricolo, economico e culturale. Il nome della pianta deriva dal termine indigeno mahiz, «pane di vita». Le ricerche dell’archeologo statunitense Richard MacNeish e studi più recenti hanno dimostrato che il mais ha la sua origine negli altopiani delle regioni meridionali del Messico, per poi diversificarsi e diffondersi in pianura. Il processo di addomesticamento della pianta da parte degli indigeni si fa risalire a circa 9 mila anni fa. Dalle varietà native presenti in quelle aree sono derivate tutte le varietà che attualmente troviamo sul pianeta, anche quelle ibride.

A PARTIRE DAGLI ANNI ’90 anche in Messico sono stati numerosi i tentativi di introdurre semi transgenici in agricoltura. Ma nel paese c’è sempre stato un ampio fronte che ha rivendicato la difesa dei semi originari, impedendo che il mais finisse sotto il controllo delle multinazionali dei semi. La lotta per tutelare le 60 specie di mais messicano ha coinvolto contadini, ambientalisti, ricercatori, intellettuali. Ora il decreto del governo va nella direzione di difendere la biodiversità e l’agricoltura familiare, sviluppando tecniche agricole sostenibili.

LA MESSA AL BANDO DEL MAIS OGM e di ogni pianta il cui patrimonio genetico sia stato manipolato assume una grande importanza non solo per il Messico, ma per tutti i paesi latino-americani, perché inserisce un elemento di rottura in un’area in cui l’azione predatoria delle multinazionali dei semi sta producendo devastazioni ambientali e sociali. Si apre una prospettiva nuova e si individua la possibilità di un percorso che altri paesi possono intraprendere. Il passo avanti del Messico è arrivato dopo che l’Argentina, nell’ottobre 2019, aveva preso la sconcertante decisione di autorizzare la produzione e la commercializzazione del grano geneticamente modificato.

SI TRATTA DI UNA VARIETA’, denominata HB4, che sarebbe in grado di resistere maggiormente alla siccità rispetto alle varietà attualmente impiegate. Finora le coltivazioni Ogm si sono concentrate su quattro tipi di piante: mais, soia, colza (utilizzate per l’alimentazione animale e biocarburanti) e cotone. Con l’autorizzazione a produrre la nuova varietà di grano, gli Ogm entrerebbero direttamente nell’alimentazione attraverso pane, pasta, biscotti, farine.

LA MONSANTO, A PARTIRE DAL 2004, aveva già cercato di introdurre il grano transgenico negli Stati Uniti, Canada e Australia, incontrando la forte resistenza dei produttori. A partire dal 2011, coltivazioni sperimentali erano state impiantate in Argentina e Uruguay attraverso una società privata argentina, la Bioceres, che aveva rilevato dalla Monsanto la concessione, arrivando a brevettare il grano transgenico. Il grano ha un genoma complesso e le migliaia di varietà coltivate nel mondo sono il risultato di un processo di adattamento e miglioramento che dura da 10 mila anni. La popolazione umana ricava da questo cereale il 20% de suo fabbisogno energetico. Anche la produttività è aumentata di circa 3 volte negli ultimi 50 anni, attraverso un miglioramento delle tecniche colturali e la scelta di varietà che meglio si adattano alle condizioni di clima e terreno, senza manipolazione genetica.

IL NUOVO GRANO TRANSGENICO non ha trovato in nessun ambiente l’accoglienza che il governo argentino sperava, né tra i produttori agricoli e le industrie alimentari, né tra i movimenti sociali. Nella campagna di opposizione intitolata Con nuestro pan, NO!, sono stati indicati ben 20 motivi per fermare l’autorizzazione. Le più importanti osservazioni riguardano: la presenza di un erbicida associato al grano transgenico, il glufosinato di ammonio, vietato in Europa per la sua elevata tossicità, superiore a quella del glifosato; l’uso strumentale che si è fatto della siccità che ha colpito l’Argentina nel 2018 per introdurre una varietà Ogm di dubbia efficacia; le autorizzazioni che sono arrivate da settori che non sono indipendenti dalla multinazionali dei semi; la promozione di una nuova monocoltura che minaccia la sovranità nazionale; la contaminazione genetica che subirebbero le varietà di grano tradizionale.

E POI C’E’ LA DECISIONE SORPRENDENTE del governo argentino di subordinare l’autorizzazione definitiva alla coltivazione del grano transgenico all’approvazione del Brasile, secondo una strana logica commerciale, per cui un paese produttore (Argentina) approva l’uso di una varietà Ogm se c’è il benestare di un paese importatore (Brasile). Quasi il 50% del grano esportato finisce in Brasile, partner fondamentale per la disastrata economia argentina. Ma l’industria molitoria brasiliana ha fatto sapere che non intende utilizzare il trigo transgenico, perché «i consumatori brasiliani avrebbero un’azione di rigetto verso questo tipo di alimento», invitando il proprio governo a non dare alcuna approvazione. Anche la Commissione tecnica di biosicurezza del Brasile ha espresso il suo parere contrario. Inoltre, i rappresentanti delle principali borse di cereali dell’Argentina accusano il ministro dell’agricoltura di danneggiare, con la sua decisione, tutte le produzioni di grano argentino.

LA COSA HA ORMAI ASSUNTO I CONTORNI di una telenovela. L’agronomo brasiliano Gabriel Fernandes afferma: «La popolazione è sempre più preoccupata per la qualità degli alimenti, con i rischi che comportano i transgenici associati all’uso di agrotossici sempre più pericolosi per la salute e l’ambiente. Sarebbe una decisione grave consentire il commercio di questo tipo di grano che rappresenterebbe una porta aperta per l’uso di coltivazioni transgeniche da destinare all’alimentazione umana in altre aree del pianeta».

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