New York, le armi antiche vanno all’asta nel silenzio delle nostre istituzioni
Patrimonio Domani, la vendita all'incanto dei reperti: su 35 pezzi almeno 15 potrebbero essere usciti illegalmente dall'Italia. Parla lo specialista Alberto Pollastrini: «Incontestabile è la provenienza da aree archeologiche della Puglia e della Basilicata degli elmi apulo-corinzi, datati tra VI e IV secolo a.C., e dei cosiddetti 'elmi Pilos' di epoca ellenistica»
Patrimonio Domani, la vendita all'incanto dei reperti: su 35 pezzi almeno 15 potrebbero essere usciti illegalmente dall'Italia. Parla lo specialista Alberto Pollastrini: «Incontestabile è la provenienza da aree archeologiche della Puglia e della Basilicata degli elmi apulo-corinzi, datati tra VI e IV secolo a.C., e dei cosiddetti 'elmi Pilos' di epoca ellenistica»
Domani verrà battuta all’asta nella sede newyorkese di Christie’s la più grande collezione privata di armi e armature antiche. Gli oggetti militari, di proprietà del magnate inglese Christian Levett, sono stati esposti sino allo scorso agosto presso il Museo di arte classica di Mougins (Macm), nel dipartimento francese delle Alpi marittime, fondato da Levett nel 2011 e definitivamente chiuso.
SEBBENE IL NOSTRO ministero della Cultura fosse stato informato della sospetta provenienza da traffici illegali con l’Italia di numerosi reperti fra quelli presenti nel catalogo dell’asta, le autorità competenti non sembrano essersene interessate.
I dubbi riguardano soprattutto una quindicina di pezzi (in totale i lotti sono 35) che, prima dell’acquisizione da parte di Levett agli inizi degli anni 2000, appartenevano all’uomo d’affari di Berlino Axel Guttmann. Quest’ultimo – scriveva già sul Bollettino d’Arte del 1995 il suo connazionale Daniel Graepler – «è il caso più eclatante della partecipazione di collezionisti tedeschi alla ‘svendita’ del patrimonio archeologico apulo».
Secondo l’archeologo, le 1200 armi riunite da Guttmann a partire dal 1982 arrivavano perlopiù dall’Italia meridionale. Graepler precisava che, tranne rare eccezioni, si trattasse di oggetti recuperati sul mercato «in tempi recenti» e che i manufatti erano riemersi con tutta probabilità dagli incessanti scavi clandestini che, dalla fine degli anni ’70, imperversavano nelle necropoli della Puglia settentrionale.
A QUESTO PROPOSITO, va evidenziato che la collezione Guttmann constava di 174 elmi bronzei, ovvero beni di prestigio deposti di frequente nelle tombe della Daunia. Oggi sappiamo che tra i principali fornitori del collezionista tedesco vi era il mercante internazionale d’arte Gianfranco Becchina, che con questo genere di materiali aveva una certa dimestichezza.
Nel suo deposito di Basilea venne infatti confiscato un corredo composto da elmo, corazza e schinieri – pertinente a una tomba apula del IV secolo a.C. –, vendutogli da un’organizzazione criminale che effettuava scavi clandestini in una vasta aerea dell’Italia centro-meridionale ed insulare. Da notare che un elmo corinzio di tipo arcaico appartenuto a Guttmann e affidato nel 2010 alla Galleria Royal-Athena di New York fu riconosciuto da Christos Tsirogiannis come uno dei reperti detenuti in precedenza dal mercante di antichità britannico Robin Symes, anch’egli connesso, assieme al socio Christo Michaelides, alla rete dei trafficanti Gianfranco Becchina e Giacomo Medici.
In virtù di queste considerazioni, ci sembra doveroso riflettere sul valore storico e culturale di un patrimonio che fu verosimilmente sottratto all’Italia e che ora, transitando da un privato all’altro, rischia di andare disperso, se non di divenire invisibile.
Contattato dal manifesto, lo specialista di armi e armature Alberto Pollastrini, rileva che «tra gli oggetti della collezione Levett messi in vendita da Christie’s vi è un elmo frigio-calcidico caratterizzato da cresta metallica e vistose ali fissate al di sopra di paragnatidi mobili, una tipologia attestata esclusivamente nell’area osco-lucana. Il reperto trova un parallelo sia nell’elmo di Conversano (Bari, ndr), parte della panoplia di un guerriero della Peucezia, sia nell’elmo di un guerriero bruzio riportato alla luce presso l’antica città di Laos, l’attuale Marcellina, in Calabria». Entrambi gli oggetti provengono da contesti funerari del IV secolo a.C.
«INCONTESTABILE – continua Pollastrini – è anche la provenienza da aree archeologiche della Puglia e della Basilicata degli elmi apulo-corinzi, datati tra VI e IV secolo a.C., e dei cosiddetti ‘elmi Pilos’ di epoca ellenistica. Per quanto concerne le corazze, vale la pena segnalare un frammento di piastra frontale di corazza anatomica in bronzo su cui è incisa l’iscrizione, in dialetto dorico, ’Ad Atena, spoglie prese al nemico’ e sulla quale si osservano due busti maschili realizzati a sbalzo e interpretati come Dioscuri».
Quest’ultimo frammento, noto come «della collezione Thetis» ma confluito nella raccolta di Guttmann e poi in quella di Levett, è stimato da Christie’s tra i 180mila e 250mila dollari. Del reperto si è occupato Raimon Graells i Fabregat – che, peraltro, ha recentemente contribuito alla restituzione alla Spagna degli elmi celtiberi della collezione Levett – manifestando dubbi sulla presunta origine siciliana e arrivando persino a metterne in dubbio l’autenticità.
DALLA SICILIA potrebbe essere stato trafugato, invece, il «pezzo forte» dell’asta, un elmo corinzio (525 – 475 a.C.) valutato tra i 300mila e i 500mila dollari. Dalla scheda di Christie’s si apprende che fu venduto per la prima volta a un privato dalla Merrin Gallery di New York tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90. A presumerne l’origine siciliana è l’archeologa Simona Modeo, curatrice con Serena Raffiotta del volume Ladri di antichità.
Modeo si spinge fino a supporre che l’elmo sia stato disseppellito nel sito ennese di Montagna di Marzo, le cui necropoli del VI e V secolo a.C. sono ininterrottamente depredate da scavatori clandestini. Duole constatare che il ministro Sangiuliano, sensibile ai concetti di «identità» e di «patria» quando funzionali alle sue politiche, non abbia ritenuto opportuno instaurare un dialogo con Levett affinché questi oggetti trovassero una collocazione pubblica in Italia. Eppure, l’uomo d’affari londinese ha scelto di risiedere a Firenze. Per amore dell’arte del nostro paese, naturalmente.
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