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Netanyahu si accorda con l’Onu e manda i rifugiati fuori da Israele

Netanyahu si accorda con l’Onu e manda i rifugiati fuori da IsraeleProtesta fuori dalla prigione per migranti di Saharonim Prison, vicino a Holot; sotto Netanyahu – LaPresse

Richiedenti asilo Anche l'Italia dovrebbe accoglierne una parte ma la Farnesina dice di non saperne nulla. Lega e Forza Italia insorgono

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 3 aprile 2018
Michele GiorgioGERUSALEMME

‎«Siamo felici che ci siano tanti Paesi pronti ad accoglierci e che Netanyahu abbia ‎fermato le espulsioni. Non saremo più rimandati in Africa a rischio della vita e ‎non fineremo in prigione in Israele. Però si parla solo di concessione di residenze ‎e di permessi di lavoro e non di riconoscimento dell’asilo. Un giorno Israele ‎potrebbe cambiare idea e mandarci tutti via». Michael Taklit, rifugiato e attivista ‎eritreo, da anni nella zona meridionale di Tel Aviv nota come “piccola Africa”, ci ‎spiega lo stato d’animo nella sua comunità dopo l’intesa tra Israele e l’Alto ‎commissariato dell’Onu che vedrebbe diversi Paesi, tra i quali, pare, Canada, ‎Germania e Italia, pronti ad accogliere nei prossimi cinque anni ‎una parte dei ‎richiedenti asilo africani ora nello Stato ebraico. Felicità e dubbi anche tra i ‎sudanesi che rappresentano il 20% dei circa 38mila richiedenti asilo africani ai ‎quali il governo israeliano a gennaio aveva offerto solo due possibilità: ritornare ‎in Africa prima del 1 aprile o finire in prigione.

‏ ‏‎«Le perplessità sono comprensibili perché nessuno ha un’idea chiara delle ‎misure che il governo varerà per regolarizzare la posizione dei rifugiati, l’asilo ‎comunque resta l’obiettivo di chi resterà in Israele», dice Tamar, una degli attivisti ‎israeliani che assieme ad intellettuali, scrittori, accademici, sopravvissuti ‎all’Olocausto e centri per i diritti umani si sono battuti contro le deportazioni degli ‎africani verso il Ruanda e l’Uganda. A spingere Netanyahu verso l’intesa con le ‎Nazioni Unite è stata proprio la retromarcia di Kigali e Kampala dopo l’iniziale ‎disponibilità che avevano dato ad accogliere gli espulsi da Israele. E un passo ‎indietro sembrano farlo anche Germania e Italia che ieri sera hanno fatto sapere di ‎non aver ricevuto alcuna richiesta da parte di Israele o dell’Onu per accogliere i ‎rifugiati. ‎«Non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra ‎Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in ‎Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere‎‎», hanno ‎comunicato funzionari della Farnesina. Prima erano intervenuti il leghista ‎Calderoli e il forzista Gasparri. Il primo è stato molto chiaro: ‎«Non se ne parla ‎neppure di prenderci una quota dei 16mila clandestini africani che Israele sta per ‎espellere dal suo territorio…Appena si insedierà il nuovo governo rimanderà a casa ‎loro, rimpatriandoli, tutti i clandestini, altro che accogliere quelli espulsi da ‎Israele‎». Il secondo, premettendo che lui sta sempre dalla parte di Israele, ha detto ‎di aver letto ‎«sbigottito» che l’intesa coinvolge anche l’Italia. ‎«Bisogna opporsi e ‎anzi chiedere che altri prendano profughi approdati in Italia. Il Parlamento dica no ‎subito‎», ha aggiunto Gasparri tirando il ballo quanto è avvenuto a Bardonecchia ‎che a suo dire avrebbe messo ‎«a nudo la catastrofe dell’Italia colabrodo, paradiso ‎dei clandestini che i nostri confinanti non vogliono a casa loro».‎

 

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Netanyahu però sa il fatto suo. Durante la conferenza stampa assieme al ‎ministro dell’interno Arie Deri, ha detto che oltre 16mila sudanesi ed eritrei ‎andranno in ‎Paesi occidentali (6.000 il primo anno) mentre gli altri ‎‎16mila ‎resteranno in Israele in qualità di “residenti permanenti”. Otterranno visti ‎di ‎lavoro e saranno destinati verso località ‎«dove potranno rendersi ‎utili‎». ‎«Saremo noi ‎a decidere dove vivranno e dove lavoreranno‎» ha aggiunto da ‎parte sua Deri confermando che i rifugiati saranno portati in varie aree di Israele, ‎probabilmente quelle meridionali, e allontanati dai quartieri poveri di Tel Aviv, ‎come il governo aveva promesso. Netanyahu, per placare il disappunto di chi ‎chiedeva la deportazione di tutti i “clandestini”, ha preparato un piano di sviluppo ‎e riabilitazione della periferia sud di Tel Aviv che, istigata dalla destra più ‎radicale, si è sollevata in diverse occasioni contro la presenza di migliaia di ‎africani.

L’intesa con l’Unhcr ieri sera non era ancora nota in tutti i particolari ma da ‎quello che si è saputo a lasciare Israele per l’Europa e l’America del Nord saranno ‎con ogni probabilità gli eritrei single, che più di altri hanno (invano) chiesto in ‎tutti questi anni di essere riconosciuti come rifugiati politici. Israele è tra i Paesi ‎con il minor numero di riconoscimenti dell’asilo politico. Netanyahu ha sempre ‎negato che eritrei e sudanesi abbiamo cercato rifugio in Israele per scappare dalla ‎guerra o per sfuggire regimi oppressivi. Per il suo governo sarebbero solo dei ‎migranti alla ricerca di lavoro che peraltro, con la loro presenza, minacciano il ‎carattere ebraico del Paese. Ad ostacolare i piani del premier è stata anche la Corte ‎suprema che il mese scorso aveva congelato le espulsioni.‎

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