Netanyahu si accorda con l’Onu e manda i rifugiati fuori da Israele
Richiedenti asilo Anche l'Italia dovrebbe accoglierne una parte ma la Farnesina dice di non saperne nulla. Lega e Forza Italia insorgono
Richiedenti asilo Anche l'Italia dovrebbe accoglierne una parte ma la Farnesina dice di non saperne nulla. Lega e Forza Italia insorgono
«Siamo felici che ci siano tanti Paesi pronti ad accoglierci e che Netanyahu abbia fermato le espulsioni. Non saremo più rimandati in Africa a rischio della vita e non fineremo in prigione in Israele. Però si parla solo di concessione di residenze e di permessi di lavoro e non di riconoscimento dell’asilo. Un giorno Israele potrebbe cambiare idea e mandarci tutti via». Michael Taklit, rifugiato e attivista eritreo, da anni nella zona meridionale di Tel Aviv nota come “piccola Africa”, ci spiega lo stato d’animo nella sua comunità dopo l’intesa tra Israele e l’Alto commissariato dell’Onu che vedrebbe diversi Paesi, tra i quali, pare, Canada, Germania e Italia, pronti ad accogliere nei prossimi cinque anni una parte dei richiedenti asilo africani ora nello Stato ebraico. Felicità e dubbi anche tra i sudanesi che rappresentano il 20% dei circa 38mila richiedenti asilo africani ai quali il governo israeliano a gennaio aveva offerto solo due possibilità: ritornare in Africa prima del 1 aprile o finire in prigione.
«Le perplessità sono comprensibili perché nessuno ha un’idea chiara delle misure che il governo varerà per regolarizzare la posizione dei rifugiati, l’asilo comunque resta l’obiettivo di chi resterà in Israele», dice Tamar, una degli attivisti israeliani che assieme ad intellettuali, scrittori, accademici, sopravvissuti all’Olocausto e centri per i diritti umani si sono battuti contro le deportazioni degli africani verso il Ruanda e l’Uganda. A spingere Netanyahu verso l’intesa con le Nazioni Unite è stata proprio la retromarcia di Kigali e Kampala dopo l’iniziale disponibilità che avevano dato ad accogliere gli espulsi da Israele. E un passo indietro sembrano farlo anche Germania e Italia che ieri sera hanno fatto sapere di non aver ricevuto alcuna richiesta da parte di Israele o dell’Onu per accogliere i rifugiati. «Non c’è alcun accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele dall’Africa e che Israele si è impegnata a non respingere», hanno comunicato funzionari della Farnesina. Prima erano intervenuti il leghista Calderoli e il forzista Gasparri. Il primo è stato molto chiaro: «Non se ne parla neppure di prenderci una quota dei 16mila clandestini africani che Israele sta per espellere dal suo territorio…Appena si insedierà il nuovo governo rimanderà a casa loro, rimpatriandoli, tutti i clandestini, altro che accogliere quelli espulsi da Israele». Il secondo, premettendo che lui sta sempre dalla parte di Israele, ha detto di aver letto «sbigottito» che l’intesa coinvolge anche l’Italia. «Bisogna opporsi e anzi chiedere che altri prendano profughi approdati in Italia. Il Parlamento dica no subito», ha aggiunto Gasparri tirando il ballo quanto è avvenuto a Bardonecchia che a suo dire avrebbe messo «a nudo la catastrofe dell’Italia colabrodo, paradiso dei clandestini che i nostri confinanti non vogliono a casa loro».
Netanyahu però sa il fatto suo. Durante la conferenza stampa assieme al ministro dell’interno Arie Deri, ha detto che oltre 16mila sudanesi ed eritrei andranno in Paesi occidentali (6.000 il primo anno) mentre gli altri 16mila resteranno in Israele in qualità di “residenti permanenti”. Otterranno visti di lavoro e saranno destinati verso località «dove potranno rendersi utili». «Saremo noi a decidere dove vivranno e dove lavoreranno» ha aggiunto da parte sua Deri confermando che i rifugiati saranno portati in varie aree di Israele, probabilmente quelle meridionali, e allontanati dai quartieri poveri di Tel Aviv, come il governo aveva promesso. Netanyahu, per placare il disappunto di chi chiedeva la deportazione di tutti i “clandestini”, ha preparato un piano di sviluppo e riabilitazione della periferia sud di Tel Aviv che, istigata dalla destra più radicale, si è sollevata in diverse occasioni contro la presenza di migliaia di africani.
L’intesa con l’Unhcr ieri sera non era ancora nota in tutti i particolari ma da quello che si è saputo a lasciare Israele per l’Europa e l’America del Nord saranno con ogni probabilità gli eritrei single, che più di altri hanno (invano) chiesto in tutti questi anni di essere riconosciuti come rifugiati politici. Israele è tra i Paesi con il minor numero di riconoscimenti dell’asilo politico. Netanyahu ha sempre negato che eritrei e sudanesi abbiamo cercato rifugio in Israele per scappare dalla guerra o per sfuggire regimi oppressivi. Per il suo governo sarebbero solo dei migranti alla ricerca di lavoro che peraltro, con la loro presenza, minacciano il carattere ebraico del Paese. Ad ostacolare i piani del premier è stata anche la Corte suprema che il mese scorso aveva congelato le espulsioni.
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