Netanyahu pronto all’annessione dei territori palestinesi
Accordo del secolo Dopo l'annuncio del piano Trump, il governo israeliano martedì discuterà i tempi dell'estensione della sovranità sulle colonie ebraiche e la Valle del Giordano.
Accordo del secolo Dopo l'annuncio del piano Trump, il governo israeliano martedì discuterà i tempi dell'estensione della sovranità sulle colonie ebraiche e la Valle del Giordano.
Benyamin Netanyahu è determinato ad estendere al più presto la legge israeliana sugli insediamenti coloniali israeliani costruiti nei territori palestinesi dopo il 1967. Ha fretta. Sa che l’annessione unilaterale a Israele di ampie porzioni della Cisgiordania e della Valle del Giordano di fatto è l’unica parte dell’ “Accordo del secolo” di Trump che verrà attuata. Usando il rifiuto dei palestinesi del bantustan che l’Amministrazione Usa ha previsto per loro, il piano sarà chiuso in un cassetto. Il premier israeliano infatti ha il consenso del blocco delle destre solo sull’annessione di buona parte della Cisgiordania e pochi altri punti. I partiti ultranazionalisti, i coloni ed i ministri e parlamentari che li rappresentano alla Knesset, respingono la creazione di uno Stato palestinese anche se quello teorizzato dagli Usa è solo una farsa. Netanyahu, nel pieno della campagna elettorale per il voto del 2 marzo, non può permettersi una frattura a destra.
Uno dei ministri-coloni, quello della difesa Naftali Bennett, è tra i più accaniti nel richiedere l’annessione immediata e, allo stesso tempo, ad escludere categoricamente la nascita di uno Stato palestinese. Bennett ha avviato la costituzione di un «team speciale» per preparare l’annessione e per «cogliere la storica opportunità» offerta dal piano Usa senza attendere l’esito del voto tra poco più di un mese. «La storia ha bussato alla nostra porta e ci ha offerto un’opportunità unica per applicare la legge israeliana in tutti gli insediamenti in Giudea e Samaria e nella Valle del Giordano», ha detto Bennett riferendosi alla Cisgiordania palestinese. E Netanyahu è dello stesso parere.
Ma la corsa in queste ultime ore ha rallentato. Il governo israeliano non discuterà domenica l’annessione come aveva annunciato il primo ministro. Il ministro Yariv Levin ieri ha comunicato che è impossibile discutere la mozione in tempi così stretti al prossimo consiglio dei ministri che si svolgerà domenica. Si aspetta inoltre il parere del procuratore generale Avichai Mandelblit perché quello di Netanyahu è un governo ad interim e non è chiaro se abbia il potere di prendere una decisione di così ampia portata.
Frena anche l’ambasciatore Usa David Friedman, uno degli idoli dei coloni israeliani, che martedì aveva spiegato che Israele può procedere all’annessione in qualsiasi momento. Ieri invece ha precisato che ci vuole del tempo prima che Tel Aviv possa estendere in via ufficiale la sovranità sulla Valle del Giordano e sugli insediamenti coloniali. Prima di quel passo formale, ha spiegato, sarà un Comitato congiunto tra Usa e Israele a discutere gli esatti parametri dell’annessione. «Il processo in atto – ha detto – richiede qualche sforzo, qualche intesa, qualche calibratura. Dobbiamo vedere le dimensioni e calcolare che siano consistenti con le mappe». L’ambasciatore ha anche abbassato i toni su possibili modifiche dello status della Spianata delle moschee di Gerusalemme (terzo luogo santo dell’Islam) che, secondo quanto ha lasciato capire Trump due giorni fa, dovrà essere aperta ai fedeli di tutte le religioni monoteistiche. In sostanza ha dato il via libera a Israele ad estendere la sua sovranità sul sito religioso islamico considerato dagli ebrei il biblico Monte del Tempio.
Di fronte alle proteste della Giordania, custode delle moschee della Roccia e di Al Aqsa, come è sancito dall’accordo firmato con Israele nel 1994, Friedman ha chiarito che il piano Trump non prevede alterazioni dello status quo del sito «che non sia dovuta ad un accordo fra le parti». Da 52 anni solo i musulmani possono pregare nel sito, mentre gli ebrei possono venire in visita in alcune ore della settimana e seguendo un cammino prestabilito.
Intanto il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), si è detto pronto a riprendere i negoziati con il quartetto per il Medio Oriente – formato da Nazioni Unite, Unione Europea, Russia e Stati Uniti – a patto che Washington non partecipi e che non si discuta del piano di pace messo a punto da Washington. Le possibilità che il Quartetto possa accogliere le condizioni poste da Abu Mazen ed escludere gli Usa sono praticamente nulle.
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