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«Netanyahu genera panico a scopo politico»

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Intervista Parla il generale Uzi Eilam, ex capo della Commissione israeliana per l'energia atomica. «Non credo che il programma nucleare iraniano rappresenti un pericolo imminente e concreto per Israele. La comunità internazionale può raggiungere con l'Iran un buon accordo»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 4 marzo 2015

Il generale della riserva Uzi Eilam non è una colomba. Ha fatto parte dell’establishment militare israeliano ai livelli più alti ed è stato a capo della Commissione nazionale dell’energia nucleare. Ma è anche uno scienziato e come altri esperti ed ex responsabili militari e dei servizi di sicurezza, contesta apertamente l’allarmismo, il panico che considera ingiustificato che il premier Netanyahu diffonde in Israele a proposito del programma nucleare iraniano. Lo abbiamo intervistato mentre ieri il primo ministro si rivolgeva al Congresso degli Stati Uniti per denunciare l’accordo che l’Amministrazione Obama sta negoziando con l’Iran.

 

Il primo ministro Netanyahu attacca il possibile l’accordo tra i Paesi del 5+1 e Tehran. Sostiene che l’Iran userà le intese per muovere l’ultimo passo decisivo verso la bomba atomica. Parla di minaccia imminente per l’esistenza stessa di Israele. Le cose stanno davvero così?

Non credo che questo pericolo sia imminente e concreto e ho avuto modo di ripeterlo più volte in questi ultimi anni. Ho provato a convincere i miei interlocutori o chi mi ascoltava che, sì, è vero che ci sono dei rischi legati al comportamento degli iraniani e che l’Iran afferma che Israele non dovrebbe esistere. Ma allo stesso tempo è in corso uno sforzo per eliminare eventuali pericoli connessi al programma nucleare iraniano e ho spiegato che siamo nella fase tra la prima intesa provvisoria e un possibile ampio accordo tra la comunità internazionale e Tehran. Ho aggiunto anche che i responsabili dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) riferiscono che i dirigenti iraniani, dalla firma della prima intesa un anno e mezzo fa stanno rispettando i loro impegni.

 

Lei è a favore dell’accordo con l’Iran?

Non sono a conoscenza di tutti i particolari dell’accordo che si sta negoziando. Tuttavia ne so abbastanza per dire che se l’accordo prevederà che il numero della centrifughe messe in funzione dagli iraniani rimarrà di poche migliaia, così da consentire a Tehran di produrre l’uranio arricchito di cui ha bisigno ma in una quantità modesta, e se i russi avranno in vari modi il controllo di questa produzione di uranio arricchito e del suo utilizzo, allora la questione della costruzione di armi atomiche non esisterà. Ci sono altri nodi importanti naturalmente, come l’acqua pesante utilizzabile per una possibile produzione di plutonio. Questo punto è stato molto discusso durante i colloqui per l’accordo provvisorio. Gli iraniani hanno interrotto i lavori per il reattore in grado di produrre plutonio e gli ispettori dell’Aiea hanno la possibilità di visitare quei siti in qualsiasi momento. E’ ovvio che per essere sicuri (che l’Iran non cerchi di dotarsi in futuro di armi nucleari) occorre che cessi qualsiasi forma di produzione del plutonio e so che questo punto fa parte dell’accordo finale che si spera di raggiungere con l’Iran. E sappiamo che ci sono stati comportamenti sospetti dell’Iran che non ha sempre dato agli ispettori libero accesso ai suoi siti. Allo stesso tempo la stessa intelligence statunitense qualche anno fa ha detto che gli iraniani già dal 2003 hanno cessato ogni attività finalizzata a costruire la bomba atomica, forse nel timore di un attacco militare americano. In defintiva penso che se saranno risolte le questioni più delicate si potrà raggiungere con l’Iran un buon accordo.

 

Se questo “pericolo esistenziale” per Israele non è imminente e neppure concreto, anche il servizio segreto Mossad lo ha ridimensionato, perchè Netanyahu continua a battere su questo tasto.

Se le cose si giudicano dal punto di vista scientifico e tecnologico, allora non esistono ragioni per suscitare panico. Non significa che non dobbiamo preoccuparci o seguire da vicino gli sviluppi, ma non c’è alcuna catastrofe nel futuro immediato. La politica però è una cosa diversa e Netanyahu forse pensa di usare questa minaccia per conquistare popolarità. C’è anche un altro punto, che davvero non posso giustificare. Il premier ha fatto del nucleare iraniano la sua missione storica invece di concentrarsi su altre questioni di grande importanza (in Israele, ndr) delle quali non si sta occupando. In sostanza si enfatizza la minaccia iraniana per mettere in ombra temi interni di grande rilevanza.

 

Si parla tanto del programma nucleare iraniano e delle sue possibili finalità. Eppure Israele resta, lo dicono esperti internazionali, l’unico paese del Medio Oriente a possedere segretamente bombe atomiche e non ha firmato il Trattato di non-proliferazione. Nel corso degli anni tutti i governi israeliani hanno ribadito la posizione di “ambiguità” nucleare, ossia non confermare e non smentire. Non è forse giunto il momento di dire finalmente come stanno le cose ed uscire da questa ambiguità? A richiederlo con forza sono i Paesi della regione, a cominciare dall’Egitto.

L’ambiguità nucleare per le motivazioni con la quale è stata concepita è, a mio avviso, ancora la posizione migliore da mantenere. Ma c’è bisogno di altro. Faccio per salto all’indietro nel tempo per spiegarmi. Quando ero a capo della Commissione israeliana per l’energia atomica, fui in grado di persuadere il primo ministro di quel tempo, Menachem Begin, a fare una dichiarazione all’Assemblea Generale dell’Onu di sostegno ad un Medio Oriente libero dalle armi nucleari. Quella dichiarazione fu letta dall’allora ministro degli esteri Yitzhak Shamir. Ecco, credo che l’obiettivo debba essere quello ma la questione va discussa tra tutti i Paesi della regione. All’inizio alcuni o molti di questi Paesi non saranno pronti ad avviare il dialogo con Israele su questo tema. Solo Egitto e Giordania hanno relazioni con noi. In ogni caso Israele deve cercare di procedere verso un Medio Oriente privo di armi atomiche mantenendo, fino al raggiungimento di una intesa regionale, la sua posizione di ambiguità nucleare.

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