Nestlé, sciopero nelle fabbriche del cioccolato
Crisi Perugina Il piano della multinazionale svizzera mette a rischio 800 posti dello storico marchio italiano. Venerdì stop di 8 ore in tutto il gruppo. Flai Cgil: «Addio produzioni: vogliono trasformare l'Italia in un mercato di solo consumo»
Crisi Perugina Il piano della multinazionale svizzera mette a rischio 800 posti dello storico marchio italiano. Venerdì stop di 8 ore in tutto il gruppo. Flai Cgil: «Addio produzioni: vogliono trasformare l'Italia in un mercato di solo consumo»
Ottocento posti di lavoro a rischio in Italia: 340 esuberi alla storica Perugina e altri nei servizi della sede di Milano, la chiusura dell’impianto del gelato a Parma, l’incertezza sul futuro dello stabilimento di Moretta, la chiusura del centro ricerche Casa Buitoni di Arezzo. Le linee di governo scelte da Nestlé per Perugina, storico marchio del cioccolato, rischiano di tradursi in un vero disastro per il nostro Paese. Ed è per questo che Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil hanno proclamato uno sciopero nazionale di 8 ore per questo venerdì in tutto il Gruppo Nestlé e Froneri.
«Siamo passati da un piano di ristrutturazione industriale a uno di riduzione del personale e chiusura delle attività – spiegano i sindacati – Questo contesto negativo si è creato in un clima di informazioni non trasparenti a livello di Nestlé Mondo, in cui l’azionista principale del Gruppo sta favorendo operazioni finanziarie molto performanti, con l’obiettivo di triplicare la redditività del risultato finanziario ma a discapito dei propri lavoratori. Per raggiungere questo risultato non ci sono relazioni sindacali, né certificazioni sociali di impresa che tengano».
A spiegare le scelte della multinazionale svizzera che controlla la Perugina è Mauro Macchiesi, segretario nazionale della Flai Cgil: «La cura dimagrante messa in campo da Nestlé nel mondo, da quando l’azionista principale ha preso la guida e il fondo Third Point, esempio di finanza fortemente speculativa, è diventato di fatto azionista principale, sta penalizzando le attività produttive in Italia». «La scelta di puntare sui brand ad alta redditività, come il caffè e la nutrizione del benessere – aggiunge il sindacalista – mette a rischio gli impianti di gelato, di cioccolato come la Perugina, di pasta fresca e i servizi di sede. L’Italia diventerà un mercato redditizio come paese di consumo e non più di produzione».
Intanto i sindacati di categoria hanno fatto sapere che il Cae, il comitato aziendale europeo del gruppo, fonte di informazioni sulle strategie della multinazionale, è stato annullato, sospendendo così l’incontro autunnale che avrebbe potuto offrire risposte importanti sulle scelte a livello continentale che hanno generato in Italia dismissioni e ridimensionamento produttivo.
«In questa vertenza – concludono Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil – sono in gioco centinaia di posti di lavoro e la sopravvivenza di brand storici legati a valori territoriali del nostro Paese». E non basta, perché «tutto questo può mettere in crisi il sistema industriale del comparto food che, in questi anni di crisi dei consumi, aveva rappresentato un’ancora di salvataggio e che con lo sviluppo dell’export ha rappresentato la carta vincente per far uscire il Paese dalla crisi. Purtroppo scenari di basso profilo industriale, di scarsa attenzione alle persone e alla qualità delle relazioni sindacali e industriali come quelli disegnati da Nestlé e Froneri rischiano di creare danni profondi per le comunità coinvolte e per l’Italia».
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