Politica

“Nessuno è più Draghi di me”

“Nessuno è più Draghi di me”Il presidente del Consiglio Matteo Renzi

Austerità Renzi smargiasso: se l’Europa è solo vincoli non mi serve. Ma nella sostanza accetta il diktat della Bce: «Prima le riforme, ma perché servono a noi». Anche Padoan si preoccupa dell’«offerta», cioè dell’art. 18

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 24 agosto 2014

È la settimana dell’annunciatissimo Consiglio dei ministri di fine estate, ma quella che si apre domani è anche la settimana di avvicinamento a Bruxelles, dove sabato i leader europei tenteranno di chiudere, con quasi due mesi di ritardo, la partita delle nomine ai vertici Ue. Tutte le mosse di queste ore sono fatte in vista di quel braccio di ferro finale. Il discorso di Mario Draghi davanti ai banchieri centrali in Wyoming e soprattutto le reazioni di casa nostra alle parole del presidente della Bce vanno lette alla luce della partita che l’Italia sta giocando in Europa, che riguarda le deroghe ai vincoli di bilancio stabiliti nel 2011 e, insieme, le poltrone della prossima commissione europea. Roma gioca in evidente alleanza con Parigi, da ieri forse anche troppo evidente visto che il ministro dell’economia francese Arnaud Mantebourg ha citato Renzi (in un’intervista a Le Monde) come modello positivo di politiche espansive (gli 80 euro) e ha attaccato sia la Germania che la Bce di Draghi. Renzi e Padoan intanto hanno fatto un interessato elogio di Draghi.

Per il presidente del Consiglio, intervistato da una tv toscana, «le cose che ha detto Draghi sono cose di buonsenso, anche se sono state oggetto di una polemica estiva». Ma la polemica non era così campata in aria, visto che dopo la minaccia di commissariamento per le riforme piovuta dalla Bce, il premier italiano era stato costretto all’irrituale visita privata a Draghi. Una traccia di quelle tensioni resta nel modo in cui Renzi mette in fila i suoi argomenti: «Noi rispettiamo il vincolo del 3%» (che però non è l’unico che chiedono Unione e Banca centrale), «ma chi fa le riforme e cambia le cose che deve cambiare, come fa l’Italia, ha il dovere più che il diritto di mettere in campo tutti gli strumenti di flessibilità che ci sono». Fuori dalla retorica e al netto di un «Oh, ragazzi, l’Europa non può essere solo tagli, vincoli e spread» – c’è l’accettazione della road map indicata da Draghi: prima le riforme del mercato del lavoro, poi la chance di allargare un po’ le maglie del rigore europeo, del resto accettate dall’Italia quando la crisi era già in pieno corso. Il ministro dell’economia italiano sa essere anche più chiaro. «Il disegno di politica economica di Draghi – assicura – è fortemente in sintonia con le linee guida della presidenza italiana dell’Ue». Secondo Padoan, per creare occupazione vanno messi in campo tutti gli strumenti a disposizione: la politica monetaria «che sta facendo e farà molto», (leggi le attese manovre «non convenzionali» di quantitative easing della Bce), la politica di bilancio «nell’ambito degli spazi disponibili già oggi» (leggi le deroghe alle tabelle draconiane di riduzione del deficit) e «una forte politica di rilancio degli investimenti». Ma, aggiunge subito Padoan, occorre agire anche «dal lato dell’offerta con un’efficace e credibile strategia di riforme strutturali, compreso il mercato del lavoro». È dell’articolo 18 che si sta parlando: l’approccio supply-side di Padoan si riduce così alla libertà di licenziamento.

In questo modo l’accettazione della politica dei due tempi che Draghi propone – prima gli ultimi colpi al welfare e allo statuto dei lavoratori, poi le concessioni europee -, non a caso indicando come modelli positivi i paesi passati sotto la cura della troika, è totale. E le rodomontate di Renzi – «se devo stare dentro un’organizzazione di burocrati ne ho talmente tanti in casa mia che non ho bisogno dell’Europa» – servono solo a riscaldare il clima in vista del vertice di Bruxelles. Peraltro impallidiscono di fronte alla schiettezza del ministro francese, che accusa direttamente Merkel «la destra tedesca» di «aberrazione economica», «assurdità finanziaria» e «flagello politico». Senza troppi riguardi per Draghi. «Nella Bce – dice Montebourg – sono sovrarappresentati i falchi dell’inflazione, che dimenticano di combattere la disoccupazione di massa».

Proprio il predecessore di Montebourg, Pierre Moscovici, è il candidato dell’asse italo-francese al ruolo di commissario per l’economia. In accoppiata con la ministra italiana Mogherini, possibile alta rappresentate per la politica estera. Negli sforzi congiunti rientra anche il protagonismo di Renzi in Iraq. Sabato ne valuteremo il successo.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento