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Nesli, «uccido il mio rap per rinascere nel segno del pop»

Nesli, «uccido il mio rap per rinascere nel segno del pop»Nesli

Intervista Nuovo album «Kill Karma» per l'artista marchigiano. «E' una provocazione che passa attraverso il racconto di tante contraddizioni che poi si trovano tutte dentro il disco»

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 7 luglio 2016

Scrivere – spiega Nesli che torna a poco più di un anno dall’album pubblicato a ridosso della sua apparizione sanremese, con il secondo capitolo di quella che nelle intenzioni del rapper di Senigallia sarà una trilogia – «è più che una necessità, una ragione di vita». Trentacinque anni, parlantina sciolta e idee ben chiare sul futuro: il rap degli esordi duro e puro non esiste più, al suo posto una evoluzione verso lidi decisamente più radio friendly. Kill Karma – uscito il 1 luglio su etichetta GoWild/Universal Dischi – prodotto come il precedente da Brando – mescola pop con citazioni (cautamente) rock, infilando qua e là malandrini beat dance. E contiene almeno un paio di brani, Equivale all’immenso, anche video diretto da Luca Tartaglia, Anima nera, destinati a diventare tormentoni radiofonici.

Nesli, quindi, si «uccide» simbolicamente nel titolo per rinascere, sorta di araba fenice: «Beh, diciamo che Kill Karma è una provocazione artistica – spiega (l’ex?) rapper – che ha come traduzione uccidi te stesso. Io in realtà non potevo comunicarlo come suicidio, quindi mi sono inventato questo personaggio il cui nome rivelerò nell’album successivo a chiusura della trilogia, che uccide Francesco (il vero nome di Nesli, ndr)». Raccolta dai testi viscerali: «Mi muovo tra carne e spirito, tra la natura e qualcosa di più elevato. Due metà che non possono convivere per sempre e quindi il karma è ucciderne una delle due, scegliere se essere da una parte o dall’altra. È una provocazione che passa attraverso il racconto di tante contraddizioni che poi si trovano tutte dentro il disco».

Pur in un ambito decisamente leggero, i suoni delle canzoni risultano molto caldi e coinvolgenti: «Con Prando lavoriamo su dei provini che io faccio a casa, versioni in origine quasi indie, ovvero senza le logiche del pop, né strutture né minutaggio. È una fotografia perfetta ma in eccesso. A quel punto Prando comincia la trasformazione, togliere e aggiungere strumenti, modificare armonie, creare una struttura. Un lavoro complesso, spesso mi sono trovato a correggere i testi all’ultimo minuto».

La scelta di Tiziano Ferro di riprendere anni fa un pezzo di Nesli, La fine, in qualche modo ha influito sulla decisione di Francesco di percorrere altre strade: «Indubbiamente ha influito, perché mi ha dato consapevolezza e stimolo. Non era un mio tentativo, non era una mia idea o una mia scelta, era una cosa concreta sotto gli occhi di tutti. Sono momenti chiave che fanno la differenza se poi li sai cogliere».

Sempre più spesso molti rapper italiani decidono di abbandonare il genere o quanto meno di contaminarlo con elementi estranei. Sembra quasi che il rap sia un fenomeno in esaurimento, che ha bisogno di mutamenti radicali per non rischiare la saturazione o peggio la ripetitività: «Sì, è un impressione fondata perché è la caratteristica di genere e anche un istinto di sopravvivenza. Il rap – per fare un esempio – è come un sommergibile, ogni tanto emerge, propone una hit e poi torna subito sotto. Deve autodistruggersi, tornare negli abissi per rigenerarsi. Ma siamo forse all’anno zero, credo sia arrivato il momento di tornare fuori…».

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