Nelly Kaplan, un desiderio d’invenzione per liberare l’inconscio
Cinema Addio alla regista di «La fiancée du pirate», la riscossa del femminile contro la repressione
Cinema Addio alla regista di «La fiancée du pirate», la riscossa del femminile contro la repressione
Quando bussai timidamente alla porta del grande cineasta Abel Gance, per un’intervista che miracolosamente mi era stata accordata, mi venne ad aprire una ragazza sui trent’anni, snella, non molto loquace, che mi condusse in un ampio studio rivestito di ciliegio, con una indimenticabile, armoniosissima scala ricurva lungo la quale si arrampicava un lussureggiante potos screziato di verde. Nelly mi lasciò da sola ed andò a chiamare il regista. Ero molto confusa, anche perché avevo chiesto quell’intervista a Gance, tramite la Cinémathèque Française non per conoscere i dettagli del suo Napoleon, primo film proiettato su tre schermi ancor prima del sonoro, ma per avere notizie di Germaine Dulac, una regista di cui avevo trovato scarse notizie sulle riviste degli anni ’20, benché venisse continuamente citato il suo film La coquille et le clergyman, tratto dalla sceneggiatura di Antonin Artaud.
SOLO MOLTI anni dopo quel fuggevole incontro seppi che la ragazza di origini argentine che mi aveva aperto la porta di casa di Abel Gance era Nelly Kaplan, sua assistente in quel periodo ed autrice di un romanzo autobiografico divenuto film con il titolo La fiancé du Pirate. Cominciavo allora a rendermi conto che il Surrealismo, le cui forme invadevano i quadri dei pittori considerati in un certo periodo «arte degenerata» erano in realtà l’esplosione di un anticonformismo stanco di essere represso, di un desiderio di novità e d’invenzione che travalicava ogni regola della società perbenista e che, assieme alla «liberazione» dell’inconscio. cominciava a liberare anche le donne che si accostavano al Movimento alla ricerca di una nuova e diversa concezione dell’eros.
Seguendo quest’impulso, assieme alla vocazione cinematografica che l’aveva spinta a lavorare come assistente di Gance per molti anni (La tour de Nesle, (1955), Magirama (55/61), Austerlitz (1960), Cyrano et d’Artagnan (1964) e la propria fantasia scatenata dalle origini sudamericane e dall’influenza surrealista, Nelly Kaplan, che aveva intrattenuto stretti rapporti con Soupault e Breton, realizzò il suo primo film La fiancée du pirate, la cui protagonista tiene a bada i maschi di un villaggio.
IL FILM, interpretato da Bernadette Lafont, ebbe un gran successo al Festival di Venezia del ’69 trasformato successivamente in romanzo con il titolo Un manteau de fou rire (Un soprabito di irrefrenabili risate). Per questo film Nelly Kaplan ebbe dieci minuti di applausi al Festival ma gravi problemi con la censura francese per la distribuzione del film, finché, col passare del tempo, la sua storia divenne meno scandalosa.
In occasione della grande mostra di Picasso a Parigi nel ’67, volle a tutti i costi riprenderla con un solo cameraman ed ebbe il coraggio di presentare il documentario al Festival di Cannes. Picasso e sua moglie abitavano a St. Paul de Vance, non lontano da Cannes. Nelly riuscì a trovare il numero di tel. di Picasso e parlò con sua moglie a telefono, solo per invitarli alla proiezione del giorno dopo. Il film piacque talmente che fu invitata a cena la sera stessa. Forse per il modo del tutto diretto della sua educazione, Nelly Kaplan – morta a 81 anni giovedì scorso a Parigi per le complicazioni legate al Covid-19 – non ebbe mai paura di ciò che la vita le prospettava: quando suo padre le disse che aveva un comportamento troppo sregolato per restare a casa da loro in Argentina, decise di partire per la Francia senza tornare più indietro. Imparò un po’ di francese nel viaggio in nave di tre settimane e lesse gli autori surrealisti innamorandosene. Ci lascia ancora racconti e romanzi di un’originalità che forse solo la commistione tra disinvoltura argentina e classe francese riescono a rendere vivi e sorprendenti anche per la nostra generazione.
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