Visioni

Nell’universo di Koltès alla scoperta del Novecento

Nell’universo di Koltès alla scoperta del NovecentoBernard Maria Koltès, NYC1983 – Elsa Ruiz

Teatro Una mostra al Valle curata dal fratello del drammaturgo François, tra foto e nuove traduzioni

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 15 gennaio 2022

Una mostra al Valle per conto del Teatro di Roma offre l’occasione al pubblico italiano di conoscere meglio uno dei più grandi drammaturghi europei del secondo novecento, Bernard-Marie Koltès (fino al 30 gennaio, giovedì venerdì e sabato h 17-20, domenica h11-18). La mostra è curata dal fratello dell’artista, François Koltès, che con lui collaborò agli allestimenti giovanili dei suoi primi testi, considerando del resto che lo scrittore è morto giovanissimo, a 41 anni (1948-1989). Ma nella sua breve vita è riuscito a produrre un patrimonio teatrale che resta fondamentale nel 900 europeo.

NATO a Metz, nel nordovest della Francia, da famiglia borghese, «sublimò» fin da giovanissimo nella lettura e nella scrittura il proprio disagio, sulla spinta del ’68 e dei grandi viaggi. Fu iscritto al Pcf, anche se la rigidità dei comunisti francesi non gli era facile da accettare. Amava raccontare di aver subito la fascinazione, e l’attrazione, per il teatro nell’assistere ad una interpretazione di Maria Casarès. Da quella vibrante scoperta, è cominciato un suo percorso, che lo ha portato a sperimentare modelli diversi di scrittura (e nei primi tempi anche di pratica teatrale), affinando e rendendo sempre più essenziale il suo stile.
Con quella fiamma espressiva, si presentò al debutto nella sezione off del festival d’Avignone, per arrivare in breve, mentre il suo lavoro cominciava a essere conosciuto nell’ambiente, all’incontro con il genio registico di Patrice Chereau, giovane anche lui ma già famoso e riconosciuto dopo esser stato allievo di Strehler a Milano, che si innamorò del suo teatro, della sua essenzialità e della consapevolezza umana che portava in dote. Tanto che ne ha messo in scena quasi tutti i testi nel grande spazio che dirigeva a Nanterre, imponendolo all’attenzione di tutta Europa.

È STATO Koltès un autore dalla scrittura stringata e spesso ellittica, ma capace di trasudare emozioni anche violente, o commozioni feroci. Che nascevano dai generi più diversi, fosse un dialogo criptico, quasi misterico sull’eros e il potere, o una sorta di contemporaneo «vaudeville» per raccontare la ricaduta tragica del colonialismo francese in Algeria. E quei suoi titoli hanno davvero lasciato un segno, da Negro contro cani ai fondamentali La notte poco prima delle foreste, Nella solitudine dei campi di cotone, Il ritorno al deserto e lo sconvolgente, terminale Roberto Zucco (affidato a Peter Stein, dopo la sua rottura con Chereau). Una terribile malattia ha posto presto fine alla sua creatività.
La mostra al Valle (grandi foto e didascalie, e anche un suo film giovanile, La nuit perdue del 1973) arriva con la nuova pubblicazione integrale delle opere di Koltès, in tre volumi (Arcadiateatro Libri, 22 euro a volume). I titoli più importanti erano già usciti a loro tempo dalla Ubulibri di Franco Quadri. Il fratello François da sempre non ne era soddisfatto, e ne ha commissionato nuove traduzioni distribuite nei tre volumi, dentro sostanziosi percorsi di lettura.

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