Cultura

Nello specchio del peronismo, tra appelli al «popolo» e rischio fascista

Nello specchio del peronismo, tra appelli al «popolo» e rischio fascistaEvita Perón

SCAFFALE Il saggio di Pasquale Serra per Rogas Edizioni

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 27 dicembre 2022

Perché studiare il populismo argentino è il titolo del libro di Pasquale Serra (Rogas Edizioni, pp. 91, euro 11,70), dedicato all’incarnazione del populismo argentino, il peronismo, che, a sua volta, è una variante, la più famosa, del populismo latinoamericano.

A RENDERE FAMOSO il peronismo contribuì in forma determinante il mito di Evita Duarte in Perón, la giovane e bella moglie di Juan Domingo Perón che fu capace di entusiasmare le masse dei descamisados molto più di quanto facesse lo stesso marito. Era quello il tempo dei comizi in piazze affollate, come Plaza de Mayo o Plaza del Congresso a Buenos Aires o Piazza Venezia a Roma, per quanto riguarda Mussolini. Ma Serra ci tiene a precisare: il peronismo non è stato un fascismo. Sono d’accordo, anche se altri studiosi, come Organski, sostengono che il peronismo sia stato la forma più riuscita di fascismo. Serra sostiene che il pensiero politico europeo e il peronismo abbiano vissuto un desencuentro. Ma più che di «mancato incontro», la questione se il peronismo sia stato o meno una forma di fascismo, in realtà, rivela una concezione eurocentrica della politica.

Gli europei o gli intellettuali del Centro (Europa, Stati Uniti e Giappone) interpretano ogni fenomeno con le loro categorie eurocentriche e non riescono a uscire da questo modo di pensare, dimostrando la loro incapacità di interpretare il mondo globalizzato. Ogni fenomeno del mondo extraeuropeo, o diciamo meglio periferico, deve essere riportato alle categorie eurocentriche e il fascismo è quanto di più analogo al peronismo. Ma c’è una differenza enorme tra i due fenomeni; Serra la indica deducendola dall’analisi di Gino Germani, un sociologo argentino di origine italiana. Scrive Serra: «Il peronismo, per Germani, fu realmente capace di dare risposte alla classe operaia, la quale, per la prima volta, guadagnò diritti e dignità, e anche un certo grado di libertà concreta». Germani considerava il peronismo una dittatura, ma in realtà era una dittatura atipica rispetto a quelle europee: Perón fu sempre eletto con elezioni regolari, diede uno Stato del benessere ai lavoratori con tanto di diritto di sciopero, introdusse il divorzio, piani economici quinquennali. Anche Germani ragionava con categorie eurocentriche. Serra rileva che «per Germani, il populismo è un problema della democrazia, mentre per Laclau – un filosofo, nato in Argentina, ma vissuto in molti paesi -, coincide integralmente con una forma radicale della democrazia stessa».

IL POPULISMO OGGI è una questione geografica: in Argentina il peronismo è più simile a quanto ne pensasse Laclau. Mentre nel Centro tende ad essere un fenomeno conservatore, se non addirittura autoritario, vedi Trump o Orbán. Lo stesso popolo va definito, e qui Gramsci ci viene in soccorso: «blocco storico degli oppressi». Allora non c’è dubbio che gli oppressi non sono i beneficiari del populismo del Centro, mentre lo furono del peronismo. È difficile identificare un «popolo». Se si usa la dizione «popolo» si rischia di scivolare nel razzismo, come fa Orbán.
Ci sono movimenti popolari, come i giovani di Fridays for Future, ma sorgono dal basso, fondati sulla libera partecipazione, non a partire da un’identità che proviene dall’altro, come nella teologia politica tipica della cultura argentina, e come Serra rileva insieme alla capacità di questa cultura di rigenerarsi. Una capacità frutto probabilmente della stessa origine del paese: un complesso di individui provenienti da varie nazioni europee, che hanno assimilato i pochi indigeni sopravvissuti alla Conquista.

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