Una donna viene ritrovata morta in una stanza d’albergo. Si chiama Nora, è seminuda, è stata strangolata. È una cameriera dello stesso albergo. Non dovrebbe trovarsi in quella stanza. È questo il nuovo caso in cui si trova coinvolto il commissario Flavio Bertone nel nuovo romanzo di Fabio Bussotti, intitolato La ragazza di Hopper (Mincione Edizioni, pp. 200, euro 16,90).

ED EDWARD HOPPER, il pittore americano, entra subito in ballo nell’inchiesta. A metterlo in gioco è uno dei collaboratori di Bertone, l’ispettore Pizzo, il quale fa notare al commissario che la scena del crimine sembra replicare fedelmente un quadro dell’artista, che lui ha visto durante le vacanze al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. L’opera si chiama Stanza d’albergo ed è del 1931 e qui la ragazza ritratta – che comunque somiglia tantissimo a quella uccisa – è seduta sul letto e legge una lettera. Ma «il letto è uguale. La poltrona è dello stesso verde, come la moquette. La posizione della finestra è identica, le scarpe uguali a quelle della cameriera, lo stesso tacco. Il mobile sulla destra, stesso stile, stessa epoca. Il colore della biancheria intima». E poi la luce è proprio la stessa. Sì, certo la ragazza del quadro è viva, ma «forse il quadro ritrae la ragazza poco prima del delitto». Una strana sensazione inizia a prendere corpo nel commissario, una sensazione che si rafforza quando anche una lettera – come quella del quadro ­– fa la sua comparsa. Bertone comincia a sentirsi come ingabbiato, risucchiato nel quadro di Hopper.

UNA SENSAZIONE che si rafforzerà anche all’interno di chi legge, quando scopre che il pittore americano dava un nome alle figure che dipingeva nei suoi quadri, e si inventava un passato, una storia su di loro. E che una di loro, una ragazza si chiamava proprio Nora ed era morta. Anche questo libro, infatti, si gioca su due piani cronologici differenti: uno in cui si svolge l’inchiesta del commissario, l’altro in cui si narra di eventi relativi a un artista, un poeta, un pittore come, in questo caso, Hopper. E i due livelli sono in qualche maniera collegati, il passato riverbera e influisce sul presente. L’effetto può essere straniante, ma ricco di suggestioni e capace di spingere a riflessioni quanto meno inconsuete quando si legge un libro giallo. In questo caso particolare, anzitutto, si provano quel tipo di emozioni suscitate in genere dalle opere del pittore americano.

DA UNA PARTE la riproduzione della realtà, la sua descrizione per così dire pura e semplice, dall’altra l’emergere di un oltre, un riuscire a intuire qualcosa dietro la semplice apparenza, la psiche, forse, l’anima. E poi quel senso di solitudine, di angoscia che sprigionano le figure e le situazioni dipinte da Hopper. Sensazioni che si ritrovano nella storia attuale del commissario Bertone e nelle relazioni che lo legano ai vari compagni di strada. Quel disagio, insomma, anche esistenziale, che sembra essere la cifra di questi anni.

* Oggi a Roma alle 19.30 l’autore presenterà il libro al Wine Art di via Bixio 93.