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Nelle buffe crepe del quotidiano, la «surrealtà» di Franco Boggero

Nelle buffe crepe del quotidiano, la «surrealtà» di Franco BoggeroFranco Boggero

Musica E' uscito l'album «Quasi un'abitudine» del cantautore genovese, con un passato di critico d'arte per il Ministero della Cultura

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

Gianmaria Testa prima di essere cantautore (e durante) faceva il capostazione. Guccini, Lolli e Vecchioni i professori. Jannacci era medico chirurgo. Eugenio Bennato s’è tenuto in tasca una laurea in architettura. Franco Boggero da Genova, classe 1953, per tutta la sua vita lavorativa, fino al 2020, ha fatto lo storico dell’arte per il Ministero della Cultura. Occupandosi soprattutto di arte genovese e del ponente ligure. Tenendo conferenze e organizzando mostre, una anche alle scuderie del Quirinale, Superbarocco. Con un curriculum così uno s’immagina una figura seriosa e un po’ distaccata, perso in un mondo polveroso fatto di dettagli e minuzie documentarie che al resto degli umani sfuggono. È vero il contrario. Franco Boggero, il cantautore (e scrittore: del 2021 l’esilarante Il demone della stupidità e altre questioni) i dettagli e le minuzie li sa cogliere anche nella vita, con una carica irresistibile di quella che potremmo definire surrealtà quotidiana. Se dovessimo trovare un qualche riferimento, per i suoi testi che indagano nelle buffe crepe del quotidiano, bisognerebbe pensare a un nome già citato, qui: Enzo Jannacci.

LI ACCOMUNA il senso del dettaglio spiazzante colto al volo, quel frammento rivelatore, quel niente che di botto si rivela una sorta di stupefacente epifania di un’altra realtà. Si resta lì, attoniti, con l’impressione di aver sfiorato qualcosa d’importante, e loro sono già lontani a cogliere altre schegge di poesia involontaria. Franco Boggero nel 2009 è stato finalista al Premio Tenco con il suo primo ellepì, Lo so che non c’entra niente. Nove anni dopo è arrivato Una punta da cinque, e ora, dopo un’altra pausa tattica da sei anni, senza fretta, Quasi un’abitudine (Gutemberg Primigenia), accreditato a Franco Boggero & Co: dove la compagnia è quella di musicisti eccellenti, jazzisti in particolare: Paolo Maffi al sax, Marco Spiccio al pianoforte, Federico Bagnasco al contrabbasso, Daviano Rotella alla batteria.

E MOLTI OSPITI: ne citeremo uno solo a rappresentarli tutti, il bluesman Paolo Bonfanti alla chitarra in Un posto come Genova. Racconta lui: «Molte mie canzoni nascono dalla ruminazione – non so trovare espressione migliore – di materiali verbali raccolti o raccattati e messi via, con la costanza del bricoleur. Una frase colta al volo per strada, ma anche un’epigrafe, il passaggio che ti fa sospendere la lettura del libro, ma anche l’espressione sfuggita a qualcuno che ti sta telefonando». Per capirsi, il brano che intitola il disco inizia così: «Cagnetti avventurosi e cicalanti stanno fuori nella notte. C’è tanta luce elettrica sugli alberi, si vede anche da qui». Diversi brani hanno il testo opera di un amico poeta ligure che è quasi l’alter ego di Boggero, Gianni Priano. Jannacci rivive con la quasi sconosciuta Passaggio a livello, e c’è anche una bella citazione per Joan Manuel Serrat. Tutto il resto, è pura surrealtà boggeriana.

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