Una statua femminile in marmo, inquadrabile fra la metà del I secolo a. C. e la metà di quello successivo, è stata rinvenuta a Tuscolo, nel territorio di Monte Porzio Catone. Siamo a oltre seicento metri di altitudine, al centro del Vulcano Laziale: cinquanta ettari comprati nel 1984 dalla Comunità montana dei Castelli romani e prenestini ai principi Aldobrandini. Il parco è frequentato da una cittadinanza che corre, porta a spasso il cane, viene per un picnic. Di fronte svetta il monte Cavo: sacro per il pellegrinaggio dei popoli latini, degenerato in mostro con le antenne. In basso si srotola la via Latina, che dopo venti chilometri verso il tramonto porta a Roma. I visitatori salgono invece seguendo il decumano, attraverso un bosco lastricato di basoli.

«La chiamiamo Via dei Sepolcri – spiega l’archeologa Emanuela Pettinelli –. Sale nei fori e conduce fino al teatro, lambendo la zona occidentale delle terme, quella del ritrovamento». Il settore nord era stato scavato dalla Scuola spagnola di archeologia, attiva sul sito dal 1994. Le fotografie aeree lasciavano intuire strutture interessanti ai suoi margini, per cui nell’autunno del 2022 sono state finanziate ulteriori indagini, che hanno evidenziato un complesso termale risalente all’età di Claudio e ampliato in età epoca adrianea.

«L’area occidentale delle terme sembra una palestra continua Pettinelli – Si trattava certamente di un ambiente chiuso, ricoperto da un prezioso opus sectile presso la cui porzione più integra e azzurra, il 9 giugno, abbiamo trovato una statua femminile riversa». A giugno, in questo sito gestito dalla Comunità Montana, si fa didattica. Così quel giorno, al lavoro, c’erano soprattutto borsisti della scuola spagnola e studenti Erasmus: una scena poco allineata con l’immagine associata al genius dell’archeologia classica. E infatti non siamo a Roma, ma nella periferia dove tutto ha avuto origine quando, al lago Regillo, la capitale della Lega latina fu tradita dai Dioscuri. Ne conseguì l’ascesa di Roma, che un millennio e mezzo dopo –nel 1191 – avrebbe messo fine pure al breve medioevo di Tuscolo, ricordato da sepolture che si sovrapposero alla copertura della palestra.

«Probabilmente la statua fu voluta per le terme», ritiene la storica dell’arte Francesca Galli, che nel Museo tuscolano della vicina Frascati ha cura del marmo, intagliato in un solo blocco: non ha la testa, manca dell’intero avambraccio sinistro, eppure conserva un’integrità rara, impreziosita da un’ottima fattura. «Oltretutto pesa 268 kg: perché faticare per trasportarla fin lì, se non per una commissione?». A parte un frammento venuto fuori nel 2004, le ultime statue erano state rinvenute a Tuscolo nell’Ottocento. «L’iconografia rimanda alla cosiddetta Afrodite armata di Epidauro – chiarisce Galli – Ma potrebbe anche trattarsi di una ninfa o di una baccante perché sulla spalla destra della figura, al di sopra del chitone, è allacciata una nebride: la veste dionisiaca in pelle di cerbiatto, di cui si notano le orecchie e le zampe».