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Nella rischiosa traiettoria della democrazia svuotata

Nella rischiosa traiettoria della democrazia svuotataProteste in sostegno del diritto all'aborto, Polonia – Foto Ap

Scaffale Riflessioni intorno al libro di Tonia Mastrobuoni «L’erosione» (per Mondadori). Dall'Ungheria alla Polonia fino all'Italia il «filo rosso» delle destre radicali passa per metodi coercitivi, incitazione all'odio, licenziamenti, violenza di genere, procedure disciplinari

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 agosto 2023

«È il pericolo che l’Italia si incammini sulla china eversiva di Orbán e Kaczynski l’impulso che ha indotto Tonia Mastrobuoni a scrivere L’erosione (Mondadori, pp. 156, euro 18). Il saggio indaga infatti lo svuotamento della democrazia in Polonia e Ungheria e mette in luce i legami con la destra radicale di Salvini e Meloni. Il punto di partenza è la fine dell’Unione sovietica. Le riforme, le terapie shock descritte da Naomi Klein, parlano del distacco del neoliberalismo dal liberalismo. Secondo Mastrobuoni, le riforme non tesero alla costruzione della democrazia ma piuttosto del capitalismo. In quel chiaroscuro emersero gli oligarchi, spesso ex funzionari di regime, e sui resti della sicurezza sociale abbattuta, si affermarono nuovi leader nazionalisti e autoritari proponendo una diversa idea di protezione.

LE TRAIETTORIE POLACCHE e ungheresi sono abbastanza simili. I protagonisti vengono dalle opposizioni al comunismo – i fratelli Kaczynski militando in Solidarnosc con Walesa, Orbán come giovane liberale sostenuto da Soros. E finiscono per affermare dei regimi di «democrazia illiberale», secondo la nota definizione del premier ungherese. Le elezioni rimangono, ma i metodi con cui le si vincono non rispondono alle procedure solitamente necessarie a qualificare una democrazia come tale. Sono operazioni senza sangue. O meglio, il sangue non è al centro della scena, perché la violenza contro donne, minoranze e opposizioni si manifesta in molti modi. Le forme della coercizione passano dal licenziamento alle procedure disciplinari, fino alla mancata protezione di soggetti minacciati e all’istigazione all’odio attraverso i canali di comunicazione pubblici. In entrambi i paesi, il potere giudiziario è stato asservito a quello politico, i media – anche privati – sono sottoposti al controllo della maggioranza e del partito che sempre più si fa stato.

LA RETORICA con cui si compatta l’elettorato è altrettanto simile. L’odio contro omosessuali e persone transgender si realizza in zone «lgbt free» e in persecuzioni di attiviste e attivisti. La giustificazione consiste nella difesa della famiglia tradizionale, minacciata dall’«ideologia gender». Il disciplinamento della salute riproduttiva delle donne avviene con violenza legale e simbolica. Attraverso il ricorso alla preoccupazione per l’inverno demografico, si unisce la difesa dell’ordine etero-patriarcale con la paura per la contaminazione razziale. Non mancano anche campagne per ripulire il passato dal collaborazionismo con i nazisti. L’orgoglio nazionale ha bisogno di una precisa selezione di ciò che va dimenticato e di ciò che va ricordato. E ciò che ne emerge va difeso contro i nemici interni ed esterni.

L’IDENTIFICAZIONE con la nazione permette ad una parte di farsi totalità: chi si oppone al governo non si oppone a una maggioranza ma si oppone all’intero popolo che il governo rappresenta. In virtù di questa funzione antinazionale, chi dissente può essere represso con tutti i mezzi necessari. Molti sono i gruppi extralegali che fanno il lavoro che le istituzioni non possono compiere esplicitamente.
L’Europa ha fatto poco per reprimere le tendenze autoritarie di questi paesi. In particolare, l’Europa dei governi nazionali. Al contrario, le istituzioni comunitarie – Parlamento, Commissione e Corte di giustizia-, seppur tardivamente, hanno preso qualche misura, comminando sanzioni, tagliando e congelando fondi, minacciando l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea, che può portare alla sospensione del diritto di voto di un paese membro. Tuttavia, ad esempio, il premier Morawiecki ha abolito l’organo criticato dalle istituzioni Ue che selezionava e puniva i giudici non allineati e ne ha creato un altro con la stessa funzione. Nella protezione dei due regimi, il Partito Popolare Europeo ha un’enorme responsabilità, come mostrano anche i tentativi di creare nel prossimo europarlamento una maggioranza alternativa a quella attuale. Al contempo, i due paesi sono pedine centrali della geografia politica che emerge dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Se la Polonia è fieramente nel campo Nato, l’Ungheria ha avuto posizioni filorusse. Probabilmente, anche questa condizione spiega la timidezza europea.

TRA I GOVERNI NAZIONALI, l’Italia è un fiero alleato di Kaczynski, Morawiecki e Orbán. E i partiti di maggioranza, Lega e Fratelli di Italia, più volte hanno votato contro le sanzioni e in solidarietà con gli alleati di estrema destra, considerati a più riprese dei modelli. D’altronde, numerose sono le parole d’ordine affini, molteplici gli scambi di apprezzamenti, diversi i network che li legano.
Molti media liberal-conservatori italiani tentano di sminuire le azioni e i discorsi del governo Meloni. Dimenticano le trasformazioni del rapporto tra stato e società, e tra governo e poteri di controllo in senso autoritario, dei suoi riferimenti politici. In Polonia e Ungheria, la trasformazione è stata lenta. In Italia – anche grazie a Berlusconi, un modello per i leader di questi paesi, come sottolinea Mastrobuoni – l’estrema destra occupa posizioni di potere da decenni.
Il postfascismo italiano porta avanti e rivendica con orgoglio politiche in parte già realizzate da esponenti di altre tradizioni politiche. Ma il suo discorso e le sue azioni esprimono una violenza maggiore e una potenzialità peggiore. Le radici e le alleanze internazionali costituiscono un invito sufficiente a evitare di normalizzare il nemico che si ha di fronte.

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