Nella «piccola Ilva» di Padova una siviera di 90 tonnellate ha ferito 4 operai
Il caso Dimesso un lavoratore, gli altri ricoverati con ustioni su tutto il corpo
Il caso Dimesso un lavoratore, gli altri ricoverati con ustioni su tutto il corpo
Un inferno di fuoco da 5 metri d’altezza. La «siviera» con 90 tonnellate di acciaio fuso domenica mattina si è rovesciata a terra. E ha colpito quattro operai nello stabilimento di Riviera Francia: due dipendenti delle Acciaierie Venete insieme a due della Hayama Tech, ditta appaltatrice. Uno è già stato dimesso con 15 giorni di prognosi dall’ospedale Sant’Antonio. Fra Verona, Cesena e Padova sono ricoverati in gravi condizioni con ustioni in gran parte del corpo Sergio Todita, 39 anni, moldavo; Marian Bratu, 43 anni, di origine rumene; David Frederic Gerard Di Natale, 39 anni, italo-francese. L’impianto in zona industriale (400 dipendenti) rimane sotto sequestro, in attesa di verificare le cause del drammatico incidente e soprattutto il rispetto delle normative sulla sicurezza del lavoro a partire dalla manutenzione.
Acciaierie Venete fa capo alla famiglia Banzato. Gianfranco apre nel 1957 il primo stabilimento industriale di «riciclaggio» dei rottami: oggi conta 11 strutture di produzione fra Lombardia, Trentino, Emilia e Nord Est più l’ufficio commerciale a Zurigo. Il gruppo dichiara 1,2 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. Al vertice come presidente e amministratore delegato Alessandro Banzato, 56 anni, già vice presidente di Confindustria Veneto e presidente in pectore di Federacciai (designato giusto un mese fa a Milano come successore di Antonio Gozzi). Una dinastia che però non cancella l’altra storia della «piccola Ilva» di Padova. Fumi, rumori e scorie hanno accompagnato le decennali proteste dei residenti fra Camin e Ponte San Nicolò. Del resto, solo nel 1999 Luciano Gallo della Fiom riuscì a far varcare al sindacato i cancelli dell’azienda. E dall’acciaieria della famiglia Banzato spuntano altre due notizie sintomatiche finite in archivio: l’incendio del parco rottami e il blocco di un treno dall’Ucraina con materiale radioattivo.
Adesso il drammatico tonfo della «cesta» d’acciaio incandescente, con i tre operai affidati alle cure dei Centri grandi ustionati, riapre di fatto la «vertenza sicurezza» non solo all’interno dell’impianto di Riviera Francia. Ieri è proseguito lo sciopero nei sei stabilimenti del gruppo Acciaierie Venete con una manifestazione di solidarietà ai 4 colleghi e alle loro famiglie cui hanno partecipato rappresentanze di Toffac, Fonderie Zen e Parpas. Oggi è prevista un’analoga iniziativa in altre aziende metalmeccaniche: Megius, Carraro Drivetech, Carel, Alco e Dab.
Stamattina nella sede della Camera del lavoro di via Longhin è annunciata Susanna Camusso. La segretaria generale della Cgil discuterà con i dirigenti padovani, le Rsu, i lavoratori della «priorità sicurezza nel lavoro», ma anche degli scenari che a Nord Est squadernano l’altra faccia della «ripresina». Sintomatica la presa di posizione di Loris Scarpa, segretario della Fiom Cgil di Padova: «Il come si lavora rappresenta l’unica priorità. Non possiamo permetterci più altre tragedie, non vogliamo più contare morti, feriti e invalidi. È necessario fermarci e ripensare profondamente a quali sono le ambizioni di un Paese evoluto e che vuole progredire. Perché dobbiamo lavorare in queste condizioni? Il lavoro, e non il mero contenimento dei costi, dovrebbe essere il segno del vero progresso. Questi fatti non riguardano più solo i sindacati e le imprese, ma chi vuole governare l’Italia».
Sono agli atti le statistiche ufficiali dell’Inail: solo nei primi nove mesi del 2017 le denunce d’infortunio sul lavoro erano state 471.518. E nel quadrante Nord Est gli uffici avevano registrato un aumento di ben 1.900 casi di incidenti a lavoratori. La Cgil Veneto rilancia con dati più attuali e meno incoraggianti: «La nostra regione è al primo posto in Italia per morti sul lavoro con 29 incidenti mortali avvenuti dall’inizio di quest’anno. Le province di Verona e Treviso sono ancora in cima a questa triste classifica con 8 casi ciascuna, seguono Venezia con 6 morti bianche, 3 a Vicenza, 2 a Belluno, 1 a Padova e 1 a Rovigo».
Poi ci sarebbe l’altro aspetto del «modello economico veneto»: le conseguenze delle produzioni nel territorio. Ultimo esempio è il maxi-incendio divampato ieri pomeriggio a Oppeano (Verona) all’interno di un colorificio. La densa colonna di fumo era visibile da notevole distanza. Il sindaco Pierluigi Giaretta ha emesso un avviso di allerta, invitando la popolazione a tenere le finestre chiuse e a non uscire all’aria aperta. Spetta ai tecnici dell’Arpav valutare eventuali rischi ambientali.
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