Lavoro

Nella «piccola Ilva» di Padova una siviera di 90 tonnellate ha ferito 4 operai

Nella «piccola Ilva» di Padova una siviera di 90 tonnellate ha ferito 4 operai

Il caso Dimesso un lavoratore, gli altri ricoverati con ustioni su tutto il corpo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 15 maggio 2018

Un inferno di fuoco da 5 metri d’altezza. La «siviera» con 90 tonnellate di acciaio fuso domenica mattina si è rovesciata a terra. E ha colpito quattro operai nello stabilimento di Riviera Francia: due dipendenti delle Acciaierie Venete insieme a due della Hayama Tech, ditta appaltatrice. Uno è già stato dimesso con 15 giorni di prognosi dall’ospedale Sant’Antonio. Fra Verona, Cesena e Padova sono ricoverati in gravi condizioni con ustioni in gran parte del corpo Sergio Todita, 39 anni, moldavo; Marian Bratu, 43 anni, di origine rumene; David Frederic Gerard Di Natale, 39 anni, italo-francese. L’impianto in zona industriale (400 dipendenti) rimane sotto sequestro, in attesa di verificare le cause del drammatico incidente e soprattutto il rispetto delle normative sulla sicurezza del lavoro a partire dalla manutenzione.

Acciaierie Venete fa capo alla famiglia Banzato. Gianfranco apre nel 1957 il primo stabilimento industriale di «riciclaggio» dei rottami: oggi conta 11 strutture di produzione fra Lombardia, Trentino, Emilia e Nord Est più l’ufficio commerciale a Zurigo. Il gruppo dichiara 1,2 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno. Al vertice come presidente e amministratore delegato Alessandro Banzato, 56 anni, già vice presidente di Confindustria Veneto e presidente in pectore di Federacciai (designato giusto un mese fa a Milano come successore di Antonio Gozzi). Una dinastia che però non cancella l’altra storia della «piccola Ilva» di Padova. Fumi, rumori e scorie hanno accompagnato le decennali proteste dei residenti fra Camin e Ponte San Nicolò. Del resto, solo nel 1999 Luciano Gallo della Fiom riuscì a far varcare al sindacato i cancelli dell’azienda. E dall’acciaieria della famiglia Banzato spuntano altre due notizie sintomatiche finite in archivio: l’incendio del parco rottami e il blocco di un treno dall’Ucraina con materiale radioattivo.

Adesso il drammatico tonfo della «cesta» d’acciaio incandescente, con i tre operai affidati alle cure dei Centri grandi ustionati, riapre di fatto la «vertenza sicurezza» non solo all’interno dell’impianto di Riviera Francia. Ieri è proseguito lo sciopero nei sei stabilimenti del gruppo Acciaierie Venete con una manifestazione di solidarietà ai 4 colleghi e alle loro famiglie cui hanno partecipato rappresentanze di Toffac, Fonderie Zen e Parpas. Oggi è prevista un’analoga iniziativa in altre aziende metalmeccaniche: Megius, Carraro Drivetech, Carel, Alco e Dab.
Stamattina nella sede della Camera del lavoro di via Longhin è annunciata Susanna Camusso. La segretaria generale della Cgil discuterà con i dirigenti padovani, le Rsu, i lavoratori della «priorità sicurezza nel lavoro», ma anche degli scenari che a Nord Est squadernano l’altra faccia della «ripresina». Sintomatica la presa di posizione di Loris Scarpa, segretario della Fiom Cgil di Padova: «Il come si lavora rappresenta l’unica priorità. Non possiamo permetterci più altre tragedie, non vogliamo più contare morti, feriti e invalidi. È necessario fermarci e ripensare profondamente a quali sono le ambizioni di un Paese evoluto e che vuole progredire. Perché dobbiamo lavorare in queste condizioni? Il lavoro, e non il mero contenimento dei costi, dovrebbe essere il segno del vero progresso. Questi fatti non riguardano più solo i sindacati e le imprese, ma chi vuole governare l’Italia».

Sono agli atti le statistiche ufficiali dell’Inail: solo nei primi nove mesi del 2017 le denunce d’infortunio sul lavoro erano state 471.518. E nel quadrante Nord Est gli uffici avevano registrato un aumento di ben 1.900 casi di incidenti a lavoratori. La Cgil Veneto rilancia con dati più attuali e meno incoraggianti: «La nostra regione è al primo posto in Italia per morti sul lavoro con 29 incidenti mortali avvenuti dall’inizio di quest’anno. Le province di Verona e Treviso sono ancora in cima a questa triste classifica con 8 casi ciascuna, seguono Venezia con 6 morti bianche, 3 a Vicenza, 2 a Belluno, 1 a Padova e 1 a Rovigo».

Poi ci sarebbe l’altro aspetto del «modello economico veneto»: le conseguenze delle produzioni nel territorio. Ultimo esempio è il maxi-incendio divampato ieri pomeriggio a Oppeano (Verona) all’interno di un colorificio. La densa colonna di fumo era visibile da notevole distanza. Il sindaco Pierluigi Giaretta ha emesso un avviso di allerta, invitando la popolazione a tenere le finestre chiuse e a non uscire all’aria aperta. Spetta ai tecnici dell’Arpav valutare eventuali rischi ambientali.

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