Nella notte fonda e distopica di un futuro vicino
Narrativa "La notte dei bambini" di Maristella Lippolis (Vallecchi), un romanzo che contiene elementi di fantascienza femminista. La storia è ambientata in un futuro abbastanza vicino, nel quale il Pianeta ha collassato e: «il sole, se pure fosse da qualche parte, non riesce a penetrare la spessa calotta di nebbia grigiastra che ristagna»
Narrativa "La notte dei bambini" di Maristella Lippolis (Vallecchi), un romanzo che contiene elementi di fantascienza femminista. La storia è ambientata in un futuro abbastanza vicino, nel quale il Pianeta ha collassato e: «il sole, se pure fosse da qualche parte, non riesce a penetrare la spessa calotta di nebbia grigiastra che ristagna»
La notte dei bambini (Vallecchi, pp. 264, euro 16) di Maristella Lippolis è un romanzo che contiene elementi di fantascienza femminista. In linea con le tendenze del genere – basti pensare ai testi di Nicoletta Vallorani Eva (Einaudi) e Avrai i miei occhi (Zona42) ma anche a quello più recente di Maggie S. Morelli The human show (Castelvecchi) – anche il libro di Lippolis è di ispirazione distopica.
La notte dei bambini è ambientato in un futuro abbastanza vicino, nel quale il Pianeta ha collassato e: «il sole, se pure fosse da qualche parte, non riesce a penetrare la spessa calotta di nebbia grigiastra che ristagna». L’atmosfera è stata modificata dall’inquinamento e dalla guerra, non c’è acqua corrente e la sopravvivenza è garantita con un razionamento di integratori e di alimenti essenziali o, per chi vive nella «spianata», dipende dalla capacità di ognuna di provare a cavarsela, attraverso il sistema del baratto, cercando nella discarica qualcosa che possa tornare utile.
NEL ROMANZO incontriamo in primo luogo Ella e Teo: lei è una biologa coinvolta dal movimento della Resistenza in un piano di liberazione dei bambini «dei laboratori». Nel futuro raccontato da Lippolis: «l’estinzione della stirpe bianca europea era diventata un’ossessione in tutto il continente e veniva utilizzata per fare fronte comune contro le migrazioni dall’Africa e dall’Asia». Per questo i bambini dei «Nuovi», cioè dei migranti, e non solo, vengono usati come cavie: «si praticava la clonazione, la generazione artificiale, la manipolazione genetica su vasta scala, gli incroci, gli esperimenti di trapianti di organi e innesti staminali».
Nel piano di liberazione dei bambini a cui Ella prende parte qualcosa va storto, però, e la donna assiste impotente a una strage, a seguito della quale decide di non tornare più indietro, alla vita che viveva prima, ma di trasferirsi nel bosco, prima con il piccolo Giona e poi da sola. Con Teo si instaura un legame per cui, fin dal primo momento, i due si sostengono e proteggono a vicenda, come accade quando ci si innamora, anche se sembra che non possano permetterselo, di certo per la situazione di costante pericolo in cui si trovano, ma anche per la loro differenza di età.
NELLA SECONDA PARTE del romanzo a diventare protagonista è Zora, che si scoprirà essere legata indissolubilmente a Ella: Zora vive nella spianata e si guadagna da vivere creando storie per tutti gli esseri umani senza memoria, che sembrano essere diventati la maggior parte degli abitanti del Pianeta. «Quando si ha una storia si esiste per sé e per gli altri» dice Zora a Lena, un’altra protagonista del romanzo, riprendendo un concetto del pensiero di Hannah Arendt e poi di Adriana Cavarero della storia personale come strumento per conoscersi e riconoscere.
Ben raccontate e strutturate sono le conseguenze di tutti gli sfasci del presente: quello climatico e quindi del vivente, umano e non. Le personagge si muovono in un territorio in guerra in cui l’esistenza è a rischio, ma Lippolis esprime un desiderio di speranza nelle mani delle donne, in un intreccio di immaginazione e realtà, di utopia e distopia.
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