Nella nebbia del football italiano
Sport&Tribunali I reati sono stati commessi ma il tempo è scaduto. Prescrizione per i fatti di Calciopoli, nove anni dopo lo Stato dimostra di aver fallito clamorosamente
Sport&Tribunali I reati sono stati commessi ma il tempo è scaduto. Prescrizione per i fatti di Calciopoli, nove anni dopo lo Stato dimostra di aver fallito clamorosamente
Reati commessi. Ma il tempo è scaduto. Così come la fiducia nella giustizia penale italiana, che continua a produrre danni. Prescrizione per Luciano Moggi e Antonio Giraudo, le menti elette di Calciopoli, che circa nove anni cominciava a fotografare i trucchi nel calcio italiano. Lo stesso vale per l’ex vicepresidente della Figc Innocenzo Mazzini e per l’ex designatore degli arbitri di Serie A e B Pierluigi Pairetto. E anche la Juventus entra a far parte del club dei prescritti.
Prescrizione, non assoluzione, ha così deciso la Cassazione, chiudendo un capitolo dell’inchiesta partita da Napoli e rafforzando le condanne (radiazione per Giraudo e Moggi) stabilite dalla giustizia sportiva. Forse Luciano Moggi, che si è segnalato alle agenzie e alle tv per la sagace ironia per averla scampata bella, pare non abbia letto bene le parole del procuratore generale, in sostanza accolte dalla Suprema Corte: «esistenza di una associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le designazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara, e l’elezione dei vertici della Lega calcio». Del sistema Moggi, della Cupola, sono rimasti incagliati nella legge due arbitri su otto.
Assieme a un numero di partite più ridotto su cui avrebbe messo le mani l’ex direttore generale della Juventus e i suoi compari: quattro, Roma-Juve, Cagliari-Juve, Fiorentina-Bologna e Juve-Udinese. Ma Moggi non ha proprio nulla da ridere.
Non si è scherzato, come ha detto Lucianone, trovando spazio su quotidiani e web, dicendo che i campionati manipolati a piacimento erano in realtà regolari e che le schede svizzere non sarebbero servite a nulla. E dopo l’epilogo della vicenda si è subito attivata una macchina aspira-pensieri, che frulla assieme verità e interpretazioni.
Ma restano le sentenze. Inequivocabili. Calciopoli non è stato un bluff, un blob, una barzelletta. Oppure un piano per far cadere dalla torre la Juventus. Le prove sono lì, sul tavolo. Moggi ha ottenuto l’annullamento della condanna a due anni e quattro mesi comminata in Appello, così come Giraudo, che si era beccato dai giudici di secondo grado un anno e otto mesi. In sintesi, sono piovute una pioggia di prescrizioni, qualche assoluzione nel merito, una sola sentenza di condanna definitiva, per l’ex arbitro Massimo De Santiis, che si è visto confermare un anno di carcere, con pena sospesa. In sostanza, Calciopoli penalmente è stato affare di due arbitri: oltre a De Santis, Racalbuto, prescritto in Appello.
E lo Stato ha fallito, miseramente. Nove anni per mostrare di non avere capacità di giudicare secondo la legge. Niente tempi supplementari, si è finiti fuori tempo massimo. E i colpevoli, come al solito, non pagano. Deriva giustizialista? No, Moggi, è solo rabbia per il calcio italiano che non esce dalla nebbia. E adesso c’è attesa anche per capire le intenzioni della Juventus, che aveva chiamato in causa il Tar del Lazio con richiesta danni, per lo scudetto girato all’Inter, alla Figc per 443 milioni di euro (federcalcio fattura 160-170 mln annui..), mentre l’articolo 39 del codice di giustizia potrebbe dare un appiglio al club bianconero, che ha sempre contestato la «non assegnazione» dei due scudetti del periodo di Calciopoli. Ma anche qui andranno valutate attentamente le motivazioni, quando saranno rese note. Forse Calciopoli non è ancora finita.
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