Nella misteriosa Trisulti
Pagine Maria Elena Catelli e Paola Rolletta invitano alla scoperta della Certosa: «Un giorno a Trisulti», da Gottifredo Edizioni
Pagine Maria Elena Catelli e Paola Rolletta invitano alla scoperta della Certosa: «Un giorno a Trisulti», da Gottifredo Edizioni
Post tenebras spero lucem, ovvero «dopo le tenebre spero nella luce». La frase in questione si rintraccia sopra la grande meridiana locata nella piazza interna della Certosa di Trisulti. Se sia un monito, un’invettiva o una riflessione dal tono goliardico per le vicende contemporanee che riguardano il monastero sito nel territorio del comune di Collepardo, in provincia di Frosinone, lo si capirà soltanto nel prossimo futuro. Certo e incontrovertibile è invece che il complesso monumentale, patrimonio nazionale dal 17 luglio 1879 per Regio Decreto, ha dalla sua un intreccio di storie umane, spirituali e artistiche così ricco da vedersi scivolare addosso qualsiasi fatto di cronaca.
L’occasione per riflettere sulle bellezze della Certosa, giunge grazie ad un valido e ben strutturato libro intitolato Un giorno a Trisulti, edito da Gottifredo Edizioni e scritto a quattro mani da Maria Elena Catelli e Paola Rolletta. Il testo presenta con una chiave di lettura ben chiara, proponendo un intero percorso giornaliero destinato alla conoscenza degli spazi interni ed esterni della Certosa, dettaglio che spiega la stessa Rolletta: «Abbiamo incluso nel titolo la parola ’giorno’ al posto di ’giornata’, perché l’idea non era semplicemente di accompagnare il lettore in visita, ma anche di raccontare in che modo Trisulti vivesse quotidianamente in base al momento storico narrato dai suoi luoghi e dalle persone lì presenti».
Tempo e spazio, ieri come oggi, sono due dimensioni che dal punto di visto geografico e spirituale hanno sempre fatto la differenza per la Certosa. Sia che si provenga da Roma che da Napoli, bisogna mettere in conto che una volta lasciate le strade di grande percorrenza e raggiunto la graziosa Collepardo, solo allora inizierà il viaggio verso l’eremo. Il cui accesso, ancora nell’immediato secondo dopo guerra, era garantito unicamente da un sentiero rimasto di massima lo stesso fin dalla fondazione del 17 luglio 1211, quando la chiesa iniziale venne consacrata da papa Innocenzo III e dedicata alla Vergine, a san Giovanni Battista e a San Bartolomeo.
La scarsa accessibilità, garantita dal fatto che il complesso è incastonato nella catena dei Monti Ernici che connettono Lazio e Abruzzo a circa ottocentocinquanta metri sul livello del mare, fu una palese scelta per permettere da subito il necessario isolamento ai monaci dell’ordine certosino a cui venne affidato il monastero.
L’ordine fondato da San Bruno, al secolo noto come Bruno da Colonia per via della città tedesca in cui nacque, si vide originariamente attribuito l’eremo benedettino di San Bartolomeo fondato alla fine del X secolo. Tale struttura, di cui sono ancora visibili e raggiungibili i ruderi in zona, si dimostrò inadatta all’austera vita certosina, circostanza che portò alla decisione di edificare la futura Certosa, la quale divenne il luogo ideale dove adempiere al meglio alle indicazioni di San Bruno che prevedevano per i suoi adepti l’unione della vita anacoretica a quella cenobitica. Tra varie vicissitudini la presenza dei certosini si protrasse fino al 1947, quando vennero rimpiazzati dai cistercensi della vicina Abbazia di Casamari su richiesta della Santa Sede.
L’ultimo monaco lasciò Trisulti nel 2018 e nello stesso anno il convento venne affidato all’associazione sovranista Dignitas Humane Institute, diretta da Benjamin Harnwell e legata a Steve Bannon, braccio destro di Donald Trump. Come e perchè si giunse alla presa in carico, lo spiega Rolletta: «Già negli anni precedenti si era capito che presto i pochi monaci rimasti non sarebbero stati in grado di provvedere al mantenimento del tutto. La successiva assegnazione da parte dell’allora Ministero dei Beni Culturali e del Turismo e le parole di Steve Bannon, il guru della comunicazione di Trump e fondatore di Cambridge Analytica annunciò ai quattro venti di voler far diventare la Certosa un’accademia al servizio dei sovranisti europei e ai nemici di papa Bergoglio, ne furono la conferma».
Il contenzioso giudiziario che ne è seguito ha visto la sentenza del Consiglio di Stato nella primavera del 2021 togliere la Certosa al Dignitas Humane Institute. Oltre le storie giudiziarie, resta comunque l’attivismo nato attorno alla vicenda a cui è legata anche la stesura del libro: «Sia l’esperienza avuta con le associazioni del territorio costituitesi nella Rete Trisulti Bene Comune, che le idee e i progetti realizzati con l’intento di valorizzare tale impegno con operazioni culturali di livello, sono dovuti alla riscoperta della Certosa. C’era la necessità di riscattare quei momenti, valorizzando l’impegno civile di migliaia di persone che hanno marciato in difesa dell’eremo in quanto bene comune. Anche per questo abbiamo scritto Un giorno a Trisulti». Abnegazione ed impegno per il convento non sono mai mancati.
Significativo è quanto appare all’ingresso, nel complesso della portineria, al cui interno spicca il busto di San Bartolomeo, un bassorilievo attribuito allo scultore Jacopo Del Duca: il santo reca nella mano destra il libro delle scritture e nella sinistra il coltello, simbolo del suo martirio. Raffigurazione simile è anche sulla porta della costruzione, dove si trova una piccola scultura che raffigura un’altra mano che impugna un coltello, sotto cui è inciso l’augurio di lunga vita per la Certosa Vivat (C)Hartusia MDXXIII (viva per sempre la Certosa 1523 n.d.r.).
Il coltello come strumento del martirio ricorre più volte nella struttura e tra le varie vale la pena di segnalarne la presenza nella interna Sala del Capitolo, dove i Padri certosini si riunivano per eleggere il priore, in particolare nel pregiato pavimento della stessa. Nella zona centrale prossima all’altare vi è un intarsio in legno, opera di Giuseppe Kofler, dove è in bella evidenza il braccio del santo con il coltello e una corona. In ogni angolo della costruzione si rintracciano elementi di interesse ed il girovagare tra gli spazi destinati a farmacia, piazza, chiesa, refettorio, chiostro grande e chiostrino, senza tralasciare l’esterno con la peschiera, sono un continuo perdersi tra opere di valore e narrazioni collegate.
Non ci si può esimere dall’incontrare i dipinti del napoletano Filippo Balbi, personaggio dalla vita romanzesca e che a Trisulti oltre a viverci dal 1857 al 1863, ha lasciato il segno in modo indelebile anche oltre il suo capolavoro, quella Testa Anatomica esposta nel 1855 all’Esposizione Universale di Parigi e nell’autunno del 2023 proprio in Certosa.
Rilevanti sono i dipinti che annunciano l’ingresso nella farmacia, divenuta poi spezieria e fabbrica di liquori, dove il Balbi, persona dotata di grande ironia, da sfoggio al contempo di bravura e di satira. A far storicamente la differenza non sono state esclusivamente l’arte e la fede, ma le storie di donne e uomini. In particolare le narrazioni degli sfollati durante la seconda guerra mondiale che trovarono rifugio e ospitalità nel luogo di culto, raccontate al meglio nel Diario di Vittorio Celani reperibile nella biblioteca della Certosa.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento