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Nel vocabolario del sé, l’eros della forma indagato da Christopher Bollas

Nel vocabolario del sé, l’eros della forma indagato da Christopher BollasBill Lewis, «The Dream in the Orchard», 2011

Saggistica psicoanalitica Torna da Cortina «Essere un carattere», dello psicoanalista inglese

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 10 maggio 2020

Tre dei più significativi psicoanalisti del XX secolo, André Green, Joyce McDougall e Stephen Mitchell annunciavano, nel 1992, il loro entusiasmo per l’uscita di Essere un carattere, libro di Christopher Bollas tradotto tre anni dopo dalla fondamentale collana «Orizzonti di psicoanalisi» della Borla, ormai purtroppo chiusa da anni.

Il saggio viene ripreso ora da Cortina, nella stessa traduzione di Daniela Molino che, con l’aiuto dell’autore, si sarebbe potuto approfittare per sciogliere in molte sue parti (pp. 234, € 22,00), dove Bollas riprende e sviluppa alcuni concetti già formulati cinque anni prima in L’ombra dell’oggetto.

Ciò che ora gli interessa è il nostro investimento negli oggetti che ci circondano – un brano musicale, un libro, un monumento, altre persone – che per un verso sono un tramite del nostro desiderio, per l’altro sono in grado di evocare non ricordi, bensì «quell’idioma unico dell’organizzazione psichica con il quale nasciamo» e che costituisce il primo nucleo del Sé». Pur non avendo accesso a una rappresentazione psichica, queste esperienze profonde del Sé vengono conservate, sono esperienze remote che né i sogni né le fantasie sono in grado di evocare. La vita mentale, infatti, non si limita a quel che è traducibile nell’ordine simbolico, ma accoglie esperienze profonde del Sé che pur non avendo accesso a una rappresentazione psichica, vengono conservate e concorrono a formare l”idioletto della grammatica dell’Io” sono il «conosciuto non pensato», una sorta di memoria preverbale dell’Io che concorre a formare l’«idioletto» della nostra grammatica interiore: è questo, per Bollas, il carattere.
E il titolo del suo libro rimanda, appunto, alla ricerca di oggetti esterni capaci di trasformare quella originaria costellazione psichica, concorrendo a formare la nostra «estetica della personalità».

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