Cultura

Nel verso elettrico e umano di Cristina Annino

Nel verso elettrico e umano di Cristina Annino

POESIA Morta a gennaio, «Avatar» è la sua raccolta postuma edita da Avagliano

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 23 agosto 2022

Il 29 gennaio 2022 è morta Cristina Annino, una delle voci poetiche più intense degli ultimi decenni. Era nata ad Arezzo nel 1941 e dopo la laurea all’università di Firenze in lettere moderne, aveva frequentato l’ambiente intellettuale che si riuniva al caffè Paszkowski. Fu in stretto contatto con il Gruppo ‘70 e con i suoi fondatori, Luigi Miccini e Alberto Pignotti, ma sempre conservando la sua indipendenza. Tra i suoi estimatori Vittorio Sereni, Franco Fortini, Luigi Baldacci, Walter Siti e Guido Almansi.

MOLTI I SUOI VIAGGI in Europa e soprattutto molto forte il suo legame con la Spagna testimoniato dal libro di poesie Madrid uscito nel 1987 e ristampato nel 2013. La sua poetica ruotava principalmente attorno al microcosmo della famiglia e delle amicizie, ma negli ultimi anni arrivò a toccare più tematiche, sempre con quell’ironia mordace che non abbandonò mai. Molti i suoi libri tra cui Gemello carnivoro (2002), Casa d’aquila (2008), Magnificat (2010), Anatomie in fuga (2016), Le perle di Loch Ness (2019) e l’ultimo, Avatar, edito da Avagliano (euro 12) e uscito postumo.

Anni fa la intervistai dopo l’uscita di Chanson Turca (LietoColle, 2012), libro abitato da personaggi misteriosi che Annino ricreava tra la realtà del vissuto e la capacità di trasfigurarla. In tal senso riguardo all’intreccio tra i suoi versi e il suo lavoro pittorico disse: «anche la persona, nel momento in cui la guardi, è già un quadro; la vertiginosa o apparente immobilità dello spazio in cui essa si muove, lo vedo come un naturale quanto reale movimento di forme e colori».

In Avatar la voce di Annino si fa elettrica, a tratti ferocemente sarcastica, ma con l’intento di annullare ogni retorica e finzione, anche e forse prima di ogni altra quella del poeta con le sue maschere, rimanendo sì affilata e nello stesso tempo sempre dolorosamente umana: «Si guarda con ossessione, con / stato morale, fisico, di mente, con suo / padre, madre, gente della vita. Col / macello dell’ansia e gli eventi del viso,/ i suoi tic…»
O ancora: «Faremo di tutto per un / cognome. Ci daremo arie, guariremo da questa/ tosse. E ogni posto / riandremo a vedere per strada, in quella/ vera. dove l’aria ha la crema del nome nostro». Struggente l’addio del testo finale, in verità un arrivederci, come dice il titolo, in cui ogni distanza è abbattuta; l’io, il tu, il loro, l’umano, l’animale e il vegetale, risuonano insieme in una catena che ricrea la vita: «Perché / c’è stato un tempo più saggio in cui non / esisteva né io né tu né loro; si era tutti uguali / alberi di radici senza cemento; un frutto sul / costato e intorno animali».

IN TUTTO IL LAVORO POETICO di Cristina Annino si respira una libertà che ridà significato alla terra su cui viviamo. La superbia umana esce molto ridimensionata dal confronto, solo all’apparenza impari, con il mondo animale e vegetale e con lo smisurato azzurro che abbiamo sopra la testa. Sul sito ufficiale, www.anninocristina.it, si può leggere integralmente uno dei suoi cicli più intensi, Ottetto per madre, che comincia così: «Senza pace, con pena e senza girarmi / mai, pestando / mica pepe o caffè ma gardenie, io amo / la mamma e i topi; li metto insieme chissà / perché». Annino è presente in varie antologie tra cui ricordo Nuovi poeti italiani n. 3 (1984 Einaudi) e in Quadernario (2012 LietoColle). Molti i suoi testi tradotti.

Negli ultimi anni ha vissuto a Roma, Milano e Ostia. Intorno a lei un gruppo di giovani poeti e critici con cui aveva stretto un legame amicale e di stima. A loro si deve un libro di studi sul suo lavoro, di prossima uscita. Purtroppo non le è stato dato di vederlo.

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