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Nel vento del deserto suoni, storie e memorie nomadi

Nel vento del deserto suoni,  storie e memorie nomadi

EVENTI Si è chiuso il Festival musicale nel Sahara. Oltre i concerti la tradizione di popoli e l'incontro tra viaggiatori di tutto il mondo

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 20 aprile 2019
Toni De MartinoM'HAMID EL GHIZLANE

Anche quest’anno nel sud-est del Marocco il villaggio di M’Hamid El Ghizlane (La Piana delle Gazzelle)ha ospitato la sedicesima edizione del Festival International du Nomads,uno dei festival musicali più di frontiera del mondo: là dove finisce la strada ed iniziano le piste nell’immenso deserto del Sahara al confine fra Marocco ed Algeria. La visione del suo direttore artistico Noureddine Bougrab ha preso forma in una tre giorni serrata di iniziative riguardanti la cultura nomade: dal tiro con l’arco (Rimaya Taqlidia) alla preparazione del pane (Mella) alla Mok’hach (hockey nomade). Certo la musica è il perno su cui verte il festival:16 bands ospiti, provenienti dal Burkina Faso, Mali, Algeria,Congo,Niger,Senegal e naturalmente Marocco con una attenzione speciale ai giovani musicisti di M’Hamid e della regione di Zagora, per una serie di quattro concerti a sera su cui regna sovrano il potere del vento del deserto, vero padrone dello spazio e del tempo.

NOUREDDINE Bougrab anima ed ideatore del festival dal 2004 mette al primo posto la promozione del patrimonio culturale immateriale dei nomadi del Marocco e del mondo. Che per lui significa creare un luogo d’incontro specifico di poeti, musicisti, artisti, danzatori; istituzionalizzare ai confini del deserto un evento internazionale di natura culturale; sviluppare un turismo sostenibile.
La grande spianata dell’Espace Moussem ha ospitato le iniziative legate alle tradizioni nomadi come la corsa dei dromedari (Ellaz), la parata dei cavalli arabi, un grande mercato di artigianato.

Calata la notte sul palco dei concerti, davanti a un pubblico di giovani locali, famiglie provenienti da tutta la regione e appassionati da tutto il mondo si sono esibiti i musicisti legati alla cultura nomade. Straordinario il Benkadi Trio del Burkina Faso, in cui la famiglia Hiè al completo – Ophelia , Belli e Melissa – si alterna a balafon, percussioni ed elettronica creando una sonorità modernissima e ancestrale al contempo.
In forma smagliante anche una delle icone della musica Gnawa algerina: Hasna El Bacharia, classe 1950, la prima donna algerina a suonare in pubblico il guembrì che ora suona con parsimonia preferendogli una chitarra elettrica dal suono acido; accanto a lei la cantante Souad Asia, voce intensa, a tratti aspra e drammatica per interpretare le tematiche sociali di cui il repertorio di El Bacharia si compone. Dal Congo è arrivato invece Ballet Liziba, gruppo della diaspora che ha trovato in Marocco la sua nuova casa.

Tra gli Oulad M’Hamid (i nuovi gruppi di desert-blues psichedelico) da segnalare l’ensemble di Mohammed Elamrani che nel solco di band come Tinariwen (tour in Italia a luglio) trovano la chiave per un suono che possa aprirgli il mercato europeo senza tradire le proprie radici.

NELLA SERATA finale Mariaa Siga giovane ed emergente cantautrice senegalese, e il pianista Cheik Tidiane Seck che dal 1970 ha collaborato tra gli altri con la Super Rail Band, Selif Keita, Mory Kanté, Fela e Sean Kuti, Manu Dibango, fino a Hank Jones e Dee Dee Bridgwater. Seck ha presentato un suo trio di afro-jazz citando più volte la musica di Fela Kuti ed il suo messaggio politico di unità panafricana.

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