Visioni

Nel tempo sospeso di un tè, la famiglia va in frantumi

Nel tempo sospeso di un tè, la famiglia va in frantumiUna scena da ««L’amore del cuore» – foto di Sveva Bellucci

A teatro Un meccanismo drammaturgico spiazzante quello di «L’amore del cuore» di Caryl Churchill

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 giugno 2022

Un meccanismo drammaturgico spiazzante, quello che Caryl Churchill costruisce con L’amore del cuore e che Lisa Ferlazzo Natoli con la casadiargilla vivifica in scena insieme a un quartetto attorale impeccabile. A riprova che la scrittura dell’autrice inglese esige uno stare rigoroso sul palcoscenico, un’adesione al senso profondo del linguaggio utilizzato, come in Caffettiera blu, micidiale locuzione che irrompe nel testo a mo’ di reiterato singulto a denudare falle familiari e comunicazioni fallaci. Anche in questo Amore del cuore (passato al Vascello e il 1° luglio a Asti Teatro) il contesto è familiare, «normale» per i primissimi minuti: una madre, un padre, una zia seduti intorno a un tavolo attendono l’arrivo della figlia, bevendo del tè.

MENTRE IL FIGLIO seduto in disparte davanti a un microfono penzolante dalla graticcia all’improvviso interrompe la scena e ordina di ricominciarla daccapo, con delle variazioni di parole che tolgono o aggiungono fatti, intenzioni, pensieri e annullano irrimediabilmente il naturalismo della pièce. Ma può anche ordinare di accelerarne la velocità, come fosse la regista in prova, fino a diventare un difficile scioglilingua. E allora si entra nel vivo del lavoro degli attori, sempre convinti e convincenti, puliti nell’esecuzione tra quei microfoni nascosti che ne amplificano anche il minimo sospiro e gesto.

BRAVI DAVVERO Francesco Villano, Tania Garribba, Alice Palazzi, Fortunato Leccese, dentro le luci violacee di Omar Scala, eseguono gli ordini spezzando le frasi, tagliando aggettivi e trasformando l’attesa in un inquietante disvelamento di pregressi accadimenti. Un tempo sospeso in cui le iterate interruzioni/riprese della stessa scena non trovano ausilio neanche nelle disturbate sequenze video. Dov’è la «verità»? Nell’impietosa critica della famiglia.

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