Chitarre dritte, batteria robusta e quella voce che sviluppa e allarga l’universo, i Leda tornano con il loro secondo album Marocco Speed, riconnettendoci alle loro immagini e storie. Una scrittura mai scontata, certe volte visionaria e riflessiva come in Quasi ombra (C’era un tempo/in cui ero voragine/Ossario di paure/senza cardine/Le scarpi pesanti/Le braccia di tagli). Ogni volta bisogna sottolineare la straordinaria e inconfondibile voce di Serena Abrami (anche chitarra acustica, synth) che – affiancata da Enrico Vitali (chitarre), Fabrizio Baioni (batteria, electribe) e Giorgio Baioni (basso) – varca nelle otto tracce la soglia di un’espressività naturale e straniante, evocativa fino a sfiorare il canto elegiaco (Insonnia, Marocco speed). Sotto meno sapori new wave del primo lp, gli arrangiamenti sono arditi, con le chitarre più implacabili (Mai) e la puntualità ritmica di brani come Tu mi bruci (feat Paolo Benvegnù) ad ammiccare passaggi radiofonici. I Leda restano radicati nel sottosuolo del rock alternativo, emozionano raccontando un presente che, almeno la loro musica, sembra poter interpretare.