Nel racconto lirico di un dolore tra memoria, realismo e filosofia
«La montagna Saint Victoire», Paul Cézanne, 1905
Cultura

Nel racconto lirico di un dolore tra memoria, realismo e filosofia

Scaffale Paolo Scardanelli porta avanti la sua ricerca del tempo e della memoria
Pubblicato 24 giorni faEdizione del 10 settembre 2024

Con il quarto tomo della saga «L’accordo», dal titolo Un posto sicuro (Carbonio Editore, pp. 320, euro 16) Paolo Scardanelli prosegue nella sua personale recherche del tempo e della memoria, coniugando insieme riflessione filosofica, prosa poetica e noir.

RISPETTO AI ROMANZI precedenti (recensiti su il manifesto il 9/2/21, il 14/2/23 e il 9/1/24, ndr), quest’ultimo presenta una struttura in qualche maniera più equilibrata: continuano i salti temporali, tipici di tutta l’opera, per cui si passa da un periodo storico ad un altro, andando avanti e indietro nel tempo, ma le varie parti vedono soprattutto un personaggio come protagonista. Il racconto parte focalizzandosi su Paolo, il narratore/protagonista principale, voce che narra, ricorda, riflette. Poi l’attenzione si concentra su Andrea, il migliore amico del narratore, morto da tempo, che però continua ad essere presente, con un ruolo importante, in tutta la saga. Infine la narrazione segue le vicende del figlio di Andrea, Bruno, e della madre di quest’ultimo, l’algida e bellissima Anna di cui da sempre Paolo è innamorato. La vicenda inizia nel momento in cui si è interrotta nel libro precedente. Ovvero nel momento in cui Anna chiede a Paolo di trovare un posto sicuro in cui possa trovare rifugio il figlio Bruno, su cui è stata emessa una sentenza di morte da parte della malavita. Il narratore, allora, torna in Provenza – luogo importante nella sua vita – dove acquista una villa abbandonata da tempo ai piedi della Sainte Victoire, la montagna amata e ritratta più volte da Cézanne. Gli eventi presenti sembrano sovrapporsi a quelli passati, i luoghi sono gli stessi anche se diversi: «Il 1990 si sovrappone al 2016». Ma poi la memoria corre ancora più indietro, fino ai vent’anni di Paolo. A Firenze con Francesca, «in quegli anni e nella mia testa ciò che era non conforme ai principi vigenti, che non stava sotto la cappa asfissiante di Stato, Chiesa e Famiglia, era la strada giusta, prima la via della rivolta diretta, quella delle barricate, dei sanpietrini, delle città a fuoco quindi, esausto il filone pubblico, ecco provare ad affermare le diversità attraverso le pratiche personali, i propri stessi corpi, le musiche, gli eventi, le droghe». Ed oggi? «Appoggio Trump. So che inorridirete, ma questo sono diventato oggi. Una sentinella del tempo presente».

CHI HA LETTO I LIBRI precedenti, vedrà colmarsi delle lacune nella storia del protagonista. Così come nella parte dedicata ad Andrea e al suo suicidio. La parte dedicata ad Anna, Bruno e alla sua compagna incinta Greta, che con l’amica Bettina si trasferiscono a «Belle Ombre», la tenuta provenzale è quasi tutta declinata al presente, anche se si scopre che un’ombra oscura, legata a una terribile storia di dolore e morte incombe dal passato sulla villa e i suoi occupanti. E così apparirà qual è il nucleo che traspare sempre più chiaro nella scrittura e nella visione e nell’arte di Scardanelli, «idealista kantiano» come viene definito Paolo da Anna: «Il dolore è la condizione essenziale dell’esistenza; rimosso tutto il superfluo, resta solo lui, nella sua possanza dogmatica ed ellittica perfezione». E ancora: «Il dolore è la vera, unica essenza dell’arte. E cos’è l’arte se non il modo di renderlo comprensibile a noi medesimi e ai nostri simili senza pelli né code, ridicolmente eretti». E ciò che ci costituisce è la memoria, nel suo rapporto con la realtà e con l’inconscio.

Così «se la memoria è un dato empirico e richiama realtà e inconscio essa è la base delle nostre esperienze; senza di lei saremmo vuoti contenitori». Si tratta, in sostanza, di «un’epifania: quella dell’inconscio che, attraverso la memoria, si fa realtà».

IL DISCORSO FILOSOFICO in questo romanzo si fa sempre più profondo, mentre la scrittura diventa ancora più affilata e stringente, capace di passare da veri e propri piccoli saggi – si veda l’analisi dell’abbazia di San Miniato, ad esempio – a squarci di lirismo, passando attraverso brani di un realismo quasi visivo e a momenti di riflessione approfondita, il tutto condito con un pizzico di ironia e, soprattutto, autoironia.

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