Il mito di Adamo ed Eva attraversa la storia del cristianesimo e, prima ancora, della vita e della cultura del popolo ebraico. Ma più di tutto quello di un paradiso perduto, di un età dell’oro colpevolmente o inaspettatamente perduta. In questa versione è viva in molte culture, anche in quella greco-romana e in altre mitologie. Dante rievoca l’Eden sulla vetta del Purgatorio. John Milton a questa perdita dedica addirittura un poema, appunto il Paradise Lost, il paradiso perduto, cui allude il titolo del concerto offerto dal soprano Anna Prohaska e dal pianista Julius Drake nella Sala Casella dell’Accademia Filarmonica Romana.
L’invenzione più straordinaria di Milton è il protagonismo di Satana, figura gigantesca, senza la quale sarebbe incomprensibile, per esempio, il demonismo di un Byron in drammi quali Caino o Manfred.
Ma nella rassegna di melodie sul paradiso perduto questo aspetto satanico era assente. Prohaska e Drake ci hanno invece condotto via via attraverso canti che evocano la gioia, le frivolezze, il dolore, l’infelicità della vita terrena (titolo di un terribile Lied di Mahler, dove un bimbo muore di fame). Il concerto si divideva in quattro sezioni: Eva si sveglia, La caduta dell’uomo, La cacciata, La vita terrena. Le musiche, tutte straordinarie, di ogni sezione, rispecchiano le diverse situazioni. Subito, all’inizio, due brani splendidi: Tre belli uccelli del Paradiso di Ravel, e il bellissimo – anche pianisticamente – «Buongiorno, colomba verde» di Messiaën.

MA GLI ALTRI brani, e di tutte le sezioni, non erano da meno. Debussy, Stravinskij, Wolf, Reinmann, Britten, Brahms, Ives, Purcell, Schubert, Schumann, Mahler, Bernstein tra agli altri. Il senso della serata sta proprio in questa successione di emozioni che la musica strappa alle occasioni della vita, come in una drammaturgia del transitorio, dell’irrecuperabile, dell’effimero ch’è la vita. Pianoforte e voce i personaggi di questa rappresentazione.

DIFFICILE scegliere la più intensa. Se lo Schubert disperatissimo dell’Abendstern (Stella della sera) o il Mahler della Vita terrena, lo Schumann del Paradiso e la Peri, o il soavissimo Purcell di Sleep, dormi, un invito ad Adamo di guardare quando si sveglierà, la donna che troverà al suo fianco, l’irruente Brahms di Salamandra o il tranquillo Ives della Sera. Il senso della drammaturgia del concerto non sta in questo o quel momento particolare, bensì nell’evolversi delle diverse situazioni fissata ciascuna in una canzone (questo significano Lied, Song, Chanson).
Julius Drake si conferma quel sensibile architetto della musica da camera che fa diventare il pianoforte una guida, un regista, un direttore. E la splendida, attraente Anna Prohaska la cantante attrice che sa condensare in un gesto vocale il nucleo di un’intuizione musicale che a sua volta si fa riflessione sulla vita. Prohaska è anche il nome di un’eroina beethoveniana della libertà: Leonore Prohaska. Musiche di scena travolgenti. Come il canto della bella e moderna Anna Prohaska.