Politica

Nel mondo dei «sotto» si sta ancora sospesi. Ma le quote ora ci sono

Nel mondo dei «sotto» si sta ancora sospesi. Ma le quote ora ci sonoIl Presidente del Consiglio Giorgia Meloni al Senato durante il voto di fiducia – LaPresse

Povera patria Metà incarichi a Fratelli d’Italia, il resto a Forza Italia e Lega Senza dimenticare, stavolta, i centristi: lunedì i sottosegretari

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 28 ottobre 2022

Correre! La presidente del Consiglio vuole che la rapidità diventi il suo marchio distintivo e dunque bisogna chiudere la lista dei sottosegretari a spron battuto. Per un attimo era sembrato addirittura possibile convocare oggi il Consiglio dei ministri e procedere con le nomine, ma era un fare i conti senza il proverbiale oste, incarnato in questo caso dalle pretese ma anche dalle solite divisioni interne di Forza Italia. Meglio rinviare ma di poco, pochissimo. Lunedì Meloni vuole la lista pronta, in modo da licenziarla il giorno stesso. Per questo ieri la diplomazia tricolore e azzurra è stata attivissima, sia via telefono che percorrendo a piedi i pochi passi che dividono Montecitorio da via della Scrofa.

UN PUNTO FERMO è stato piazzato: le rispettive quote. La chiave era già lì pronta, il metodo adoperato per il governo, cioè metà poltrone a Fratelli d’Italia e la altre da dividersi tra gli alleati. Nella ripartizione a tre, però, era saltata la poltrona ministeriale dei centristi, quella destinata a Lupi, e i medesimi non hanno alcuna intenzione di fare la stessa fine con sottosegretariati e viceministeri. Qualche posto ci sarà di certo e al momento il più papabile sarebbe Alessandro Colucci.

PER QUANTO RIGUARDA i tricolori, almeno per quanto riguarda le caselle essenziali, non dovrebbero esserci dubbi né sorprese. La delega all’Attuazione del programma dovrebbe andare a Fazzolari, che così diventerebbe il più stretto collaboratore della premier anche ufficialmente. Il problema è che il senato verrebbe sguarnito ulteriormente. I servizi andranno al già potentissimo Mantovano. Maurizio Leo, già in predicato addirittura per il ministero sarà vice di Giorgetti e stessa carica, ma agli esteri, potrebbe ricoprire Cirielli.

Fi avrà il numero di posti richiesti, 8 tra viceministri e sottosegretari, anche se a un certo punto, come classico gioco al rialzo, il Cavaliere era arrivato a chiederne 12. Le spine arrivano quando si passa a definire le caselle, perché Berlusconi non ha rinunciato a infilare i suoi azzurri nei ministeri dai quali è per ora tagliato fuori, il Mef e la Giustizia. Per l’economia il problema quasi non esiste e in pole c’è ora Casasco.

La Giustizia, per la quale Arcore ambisce a Sisto viceministro è già molto più delicata e ancora di più lo è la delega all’Editoria, che la premier almeno sino a qualche tempo fa era decisa a negare per marcare la differenza con i governi Berlusconi e con l’ombra di conflitto di interessi che li oscurava. Potrebbe però essersi ammorbidita dopo la sfida vinta sui dicasteri ma il semaforo verde per Alberto Barachini all’Editoria per il momento ancora non c’è. In bilico anche Valentino Valentini, che era destinato agli Esteri ma dopo le polemiche sui rapporti con la Russia potrebbe slittare verso la difesa. Sembra blindato, infine, il sottosegretariato agli Interni per l’ex capo dei deputati Paolo Barelli, promesso dal leader come risarcimento per aver dovuto sacrificare all’ultimo momento la presidenza del gruppo a favore di Cattaneo.

LA LEGA, dopo aver razziato parecchi ministeri, farà man bassa anche qui. Dovrebbe avere due viceministri, come Fi, ma un paio di sottosegretari in più. La sottosquadra, al momento, è composta da Edoardo Rixi, alle Infrastrutture, Claudio Durigon al Lavoro, Molteni agli Interni e Lucia Borgonzoni alla Cultura. C’è anche una poltrona alla Difesa, ma Salvini deve ancora decidere chi la occuperà.

La fretta della presidente non si deve solo a superficiali questioni d’immagine. Deve chiudere presto perché l’agenda successiva non consente ritardi. L’8 novembre la Camera convertirà il dl Aiuti ter, che passerà poi al Senato. È un provvedimento di Draghi ma la nuova maggioranza mira a inserire qui la moratoria, o la cancellazione, per le multe dovute alla mancata vaccinazione. Entro il 15 novembre la prima prova dura: il nuovo dl Aiuti e se tensioni con la Lega emergeranno sarà in quell’occasione. La legge di bilancio dovrebbe vedere la luce intorno al 20 novembre. Insomma, un mese appena per discutere a approvare una legge che, per quanto svuotata, darà la prima indicazione sull’identità di questo governo. Si può capire che Meloni provi a correre.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento