Visioni

Nel mondo chiuso della Signorina Giulia

Nel mondo chiuso della Signorina GiuliaScena da La signorina Giulia – foto di Lorenzo Porrazzini

A teatro Al Festival di Spoleto l'adattamento del capolavoro di Strindberg

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 3 luglio 2021

Leonardo Lidi è certo uno dei registi più interessanti della sua generazione (poco più che trentenne), e pur avendo spaziato, come attore o come responsabile dell’allestimento, dalla classicità fino al contemporaneo, mostra una sua attrazione esplicita verso i testi di un secolo fa, la nascita della scena moderna, che ama affrontare con letture essenziali e spesso «rovesciate»: da Ibsen a D’Annunzio, da Garcia Lorca a Tennessee Williams. Sono letture «oblique» le sue, ma che riescono a mettere in trasparenza la «banalità» dei personaggi, e nello stesso tempo i condizionamenti di classe come di genere, o anche solo di sentimento. Nell’ambito del Festival di Spoleto attualmente in corso, ha montato per lo Stabile dell’Umbria, nella severa corsia di San Simone prediletta negli ultimi anni da Ronconi, un geometrico, complesso eppur rivelatore ritratto de La signorina Giulia di Strindberg, testo considerato scandaloso all’epoca dell’autore, che ne dovette subire qualche conseguenza. Perché il nodo di quell’amore impossibile (o meglio non-praticabile) resta quello della diversa appartenenza di classe, lei padrona e lui servo.

CON LA TESTIMONIANZA impotente di un’altra creatura femminile, che di quella «deviazione» sociale resta gelosa e frustrata vittima anche lei. I personaggi sono ridotti a tre, quasi perché più chiari siano i meccanismi di lotta e di infelicità, e di sconfitta ovviamente, per tutti e tre.
Il loro mondo (disegnato da Nicholas Bovey), come quello dei loro rapporti, appare immediatamente asfittico e faticoso, chiusi come sono in una striscia orizzontale di altezza minore di quella umana (che obbliga quindi al capo sempre chino) che sfocia su un lato in un alto spazio verticale, una sorta di grande T rovesciata. Come la tragedia cui assistiamo, che nella sua modernità corre essenziale al suo compimento.

CON GLI ATTORI anche loro tenuti alla concentrazione massima, di sforzo fisico e di dolore su cui affacciarsi. Una bella prova per tutti e tre: Christian De Rosa desiderio conteso e sacrificale, e le due contraddittorie facce del femminile, la ricca e la povera, Giuliana Vigogna e Ilaria Falini.

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