Per le elezioni regionali nel Lazio, Coordinamento 2050 promuove insieme a Sinistra Italiana, alla Rete Ecodigital e ad esperienze civiche la lista “Polo Progressista” per Donatella Bianchi Presidente.
A suo sostegno, è con noi anche una parte di Art 1. Nelle lunghe settimane alle nostre spalle, abbiamo martellato, da ultimo nell’assemblea regionale a Spinaceto con il Presidente Conte il 17 dicembre scorso, per aprire un confronto tra Pd e M5S sui temi per poi arrivare a scegliere insieme il candidato/a presidente. In Lombardia, attraverso il dialogo innanzitutto sul programma, si è costruita la convergenza intorno a Pier Francesco Majorino.

Nel Lazio, invece, già prima dell’indizione delle elezioni, il Pd ha imboccato la strada del Marchese Del Grillo, incurante delle difficoltà conseguenti alla rottura a livello nazionale. La candidatura di Alessio D’Amato è stata disposta con una scelta unilaterale del Pd al seguito di Azione-Italia Viva, i cui leader hanno posto come condizione non negoziabile la preclusione al M5S, in particolare alla sua agenda sociale e ambientale. In sintesi, sin dall’inizio, la designazione di Alessio D’Amato è stata legata ad un programma indiscutibile e contraddittorio con l’asse di sostenibilità ambientale della Giunta Zingaretti. È arrivata il 10 novembre in termini ultimativi: venite a rimorchio o fate vincere la destra. Il M5S, per non chiudere gli spazi di dialogo, ha rinviato l’ufficializzazione della candidata presidente al 27 dicembre. Un paio di giorni fa D’Amato, in un talk show, tra una battuta e l’altra, ha proposto a Donatella Bianchi di fare la sua vice, con l’atteggiamento del famoso nobile romano interpretato da Alberto Sordi, in un quadro dove i rapporti di forza nell’area progressista sono equilibrati. Inoltre, va ricordato che l’inceneritore non è un capriccio per giustificare la corsa in solitaria del Movimento e recuperare il voto “populista”. Insieme alla mobilità su ferro sostituiva dell’autostrada a pedaggio Roma Latina, è una visione di futuro. È un’agenda coerente per la transizione ecologica. È, non ultimo, un’idea di democrazia partecipata, dato che il Piano rifiuti, approvato dopo 10 anni dal consiglio regionale del Lazio, è stato stracciato da un commissariamento imposto dal Pd attraverso una norma di dubbia costituzionalità, infilata in un decreto legge grazie alla complicità di Forza Italia e della Lega, alleate nel governo Draghi, nonostante il No del M5S allora gruppo parlamentare di maggioranza relativa.

Ma guardiamo avanti. Anche perché non c’è alternativa all’alleanza tra M5S e Pd per dare all’Italia un governo di segno progressista. Guardiamo avanti, ma con attenzione alla credibilità delle azioni di Palazzo. Coloro che, comprensibilmente, fanno accorati appelli in queste ore sono sicuri che l’accordo di vertice, a prescindere da un minimo di coerenza nelle politiche da realizzare, implichi meccanicamente la somma dei voti dei rispettivi partiti? Sono sicuri che funzioni mettere insieme i candidati felicemente pro-incenitori affissi a tappeto sui muri di Roma con i candidati segnati da appassionate battaglie per la conversione ecologica? Sono sicuri che senza discontinuità nelle politiche del Servizio Sanitario Regionale per ridurre liste d’attesa infinite, fuori dalle Ztl accorrano a votare per l’ex assessore alla Sanità in nome della buona gestione del Covid e per paura dell’arrivo della destra? Il 14 gennaio è il termine ultimo per le candidature. Se il Pd vuole andare oltre le iniziative propagandistiche manifesti la disponibilità a rinviare le decisioni per chiudere il ciclo dei rifiuti a Roma ad un percorso partecipato e sostenuto dalla ricerca, attraverso un comitato di indiscutibile qualità scientifica, delle migliori soluzioni tecnologiche per il recupero di materia. Contestualmente, si renda disponibile a discutere, senza preclusioni, la migliore candidatura alla presidenza della Regione. Altrimenti, è campagna elettorale.