Nel labirinto minimalista degli Hobby Horse
Note sparse Non mancano inventiva e coraggio al trio napoletano con il convincente album «Helm»
Note sparse Non mancano inventiva e coraggio al trio napoletano con il convincente album «Helm»
Cos’è il jazz oggi? Una forma sempre più mutevole, ibrida. Non mancano inventiva e coraggio a Hobby Horse, il trio di Dan Kinzelman, Joe Rehmer e Stefano Tamborrino: Salsa Caliente è puro Thirsty Ear sound, tra nebbie saturnine ed equilibrismi electro, la title-track ha architetture dispari e metropolitane, coi clarinetti a investigare, il basso tutto appostamenti e fughe, la batteria a fibrillare. Suadenti labirinti minimalisti che cercano il ritmo nelle vibrazioni dell’aria (Cascade), una certa coolness rivisitata e virata 2.0 (Buckle), una cover quasi trip-hop del grande Robert Wyatt (Born Again Cretin) forse non così necessaria. E poi un inatteso finale: Amundsen, e allora permafrost, Artico, venti gelidi, nitore minaccioso, abbacinante, ambient bianchissima e per questo scura, e a chiudere, senza pause, gli oltre venti (!) minuti di Evidently Chichentown del poeta J.C. Clarke del 1980, orizzontali e infiniti. Un disco che ha spigoli non sempre limati e qualche piccola ingenuità, ma che farà storcere il naso ai puristi e dunque ha tutta la nostra approvazione.
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