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Nel groviglio del Teatro di Roma, poche idee e guerra politica

Nel groviglio del Teatro di Roma, poche idee e guerra politicaIl Teatro Argentina a Roma

Arte e politica In cerca di una nuova governance, regna la confusione. Un’affollata assemblea di artisti e spettatori per spingere il Comune ad agire

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 30 gennaio 2024

Continua a cuocere nel suo «brodo» (sempre più rancido) la vicenda del Teatro di Roma. Ieri un’assemblea convocata da Christian Raimo e affollatissima di intellettuali, artisti e spettatori, ne ha discusso animatamente nello spazio convegni dell’ex Mattatoio. Certo è che la somma degli errori, dei maneggi e dei tentati colpi di mano si è andata così infittendo che appare sempre più difficile uscirne per chiunque con qualche onore. Tranne per chi, con eleganza «decisa» se ne è tirato fuori, superando le lusinghe. Uno dei pochi è stato Ninni Cutaia, che indicato come possibile «condirettore», o comandante in seconda, ha rinunciato immediatamente.

A fare la figura peggiore finora, è ovviamente la politica, cui sarebbe assegnato il compito di affidare incarichi e responsabilità. Dopo il golpe attuato dalla destra (ovvero i rappresentanti di governo e regione che pur con contributi modesti godono della maggioranza in cda) che ha portato alla nomina di Luca De Fusco quale direttore generale e onnipotente del Teatro di Roma, ora suonano un po’ patetiche le rimostranze del sindaco e dell’assessore alla cultura del Comune (Gualtieri e Gotor) che da quella nomina si tirano fuori, come se non avessero avuto gli strumenti per pilotare la nomina verso un livello più decente.

Nel fine settimana appena trascorso, la nomina effettuata dalla sola destra della nuova direzione ha assunto l’aspetto di un golpe, e andato a buon fine: i tre esponenti del cda nominati (da Regione e Ministero della cultura) che in solitaria avevano votato De Fusco, sono rimasti impassibili in quello che appare una clamorosa gaffe istituzionale. Il bello purtroppo è che anche il comune si è rimangiato proteste, buoni propositi e proposte di riequilibramento della governance.

Infatti in una sola notte, tra venerdì e sabato, sono svaniti i buoni propositi: il progetto prevedeva di dividere la direzione generale da quella artistica (a quel momento entrambe fagocitate dal candidato della destra), e affiancare al «direttore» già nominato un altro responsabile che ne condividesse le responsabilità e i compiti, in particolare sul versante amministrativo e gestionale. La persona in questione era Ninni Cutaia, un curriculum ricco nelle istituzioni e nei teatri che si è trovato a dirigere. Poi, improvvisamente, sabato sera il cambio di linea. Anche perché Cutaia, giustamente, si è tirato fuori dal pasticcio, che l’avrebbe portato a trovarsi semplicemente «amministratore di compagnia» di De Fusco che ancora oggi continua a minacciare produzioni e spettacoli da lui firmati come fosse un instancabile mago del palcoscenico (e per 5 anni, e con tutte le prebende dell’incarico e delle molte sue regie che andava minacciando).

INSOMMA un bel pateracchio quello compiuto dal Comune, che dopo aver minacciato la invalidazione del voto e della nomina (e dei contratti curiosamente già fatti e firmati), ha cambiato opinione, sostenendo per di più di aver a suo modo «vinto» la battaglia di legittimità. Non è così naturalmente: De Fusco sta allestendo in tutta fretta il proprio ventaglio di regie e di iniziative che al teatro secondo lui dovrebbero portare lustro e finanziamenti. Il 31 gennaio, ovvero mercoledì, (insomma domani!) scade il termine per presentare progetti e programmi al Ministero per esserne finanziati. Il comune da parte sua, continua a parlare di nuova governance e di progetti che non potranno certo cadere dal cielo, se non come pure intenzioni (e lanciando nomi impresentabili). Facendo per altro anche qualche confusione tra le cariche, anzi le «direzioni»: legislazione e pratica comune vuole che nell’ordinamento italiano a dover essere nominato dalla politica sia un direttore garante, capo a tutti gli effetti della macchina burocratica ed economica dell’ente. Il «direttore artistico» è quello invece destinato a scegliere e realizzare i programmi, una figura sussidiaria per quanto fondamentale e caratterizzante, che può essere assunto solo come «consulente» artistico appunto (come accade già in altri stabili, da Torino a Venezia). Si spera che il comune si chiarisca le idee, alla luce delle leggi, e che riesca a partorire, nonostante gli «scherzi» della destra, un organigramma efficiente e presentabile.

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