Nel disagio di una generazione senza politica
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Nel disagio di una generazione senza politica

Frammenti Una rubrica per riflettere sui libri e su alcune istanze del presente

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 7 settembre 2024

Paderno Dugnano, ancora. Dopo l’ennesimo fatto di cronaca – a Paderno Dugnano un adolescente ha ammazzato padre, madre, fratello perché, diciamo così, gli davano ombra – si ritorna a parlare come di un toccasana o di un’ultima spiaggia della figura della o dello psicologo non solo scolastico ma anche di quartiere e, magari, di caseggiato e nei luoghi di divertimento più frequentati da bambini e adolescenti.

Si invoca l’intervento di psicologi e psicologhe come di un «toccasana», come se il loro lavoro e la consulenza che possono offrire, che offrono, a presidi e insegnanti e a genitori, fosse sufficiente a prevenire il disagio di giovani costretti a crescere in una società sempre più priva di ideali, dentro una storia che sembra inevitabilmente volgere al peggio, tra guerre, con lo spettro dell’atomica e la crisi ecologica. Sì, il genere umano non sembra averne ancora per molto, e questa assenza di futuro l’avvertono meglio degli adulti i giovani, i ragazzini, i bambini ai quali non si osa parlare onestamente del loro domani perché, nessuno può onestamente sapere se ne avranno, se ne avremo, in che misura e di che tipo.

Credo che i ragazzini avvertano il disagio dei grandi a parlar di futuro – se non nei termini primari e primitivi del «farsi strada» in un mondo difficile più che mai e più che mai controllato e crudele. Restando nel dubbio che questo serva a qualcosa, che basti a far volgere al rosa i loro incubi neri. Sono convinto che gli psicologi e le psicologhe, con tutta la loro buona volontà e la loro scienza non potranno fare molto per combattere le incertezze e le angosce degli adolescenti, soprattutto quelle che più agiscono nel loro inconscio.

Al contrario sono convinto che l’unico serio modo di aiutarli sia quello di sostenere i gruppi che essi riescono ancora a creare, tanto più e tanto meglio quando affermano il loro bisogno di capire e di agire, di avere un ruolo nel contrastare il male presente come il male che incombe. Gli psicologi risolvono quasi tutto supportando insegnanti e genitori sopraffatti e anche vili. E invocando al più un «vogliamoci bene» in cui sono i primi a non credere, quando riflettono sui risultati delle loro cure.

Solo la fantascienza più dura ha già previsto e raccontato tutto questo, e qualche geniale teorico della gioventù di ieri, ma ovviamente gli psicologi e le psicologhe la ignorano o la disprezzano a favore dei manuali scritti dai guru del loro mestiere, gli «esperti» dei quotidiani e delle tv, finendo sempre per rifugiarsi nel toccasana dei tranquillanti. Non se ne uscirà insomma se i giovani, aiutati da qualche adulto, spaventato come loro, non si rimetteranno a far gruppo e a protestare e in definitiva a fare «politica», politica e non «politika», come dovrebbero fare anche i tanti adulti non ossequienti alla bassa politica di chi si mette a servizio dei potenti e diciamo pure del capitale. Sono loro i più colpevoli nei loro confronti, come lo sono anche nei confronti degli insegnanti e degli stessi psicologi che spingono a tradire la loro miglior vocazione.

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