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Nel Cpr di Milano la quarantena nega il diritto alla difesa

Nel Cpr di Milano la quarantena nega il diritto alla difesaProteste davanti al Cpr di via Corelli contro il trasferimento dei migranti – LaPresse

Detenzione amministrativa La denuncia di quattro associazioni: «Se le autorità non possono garantire i diritti in questione i Cpr devono cessare la propria attività»

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 10 dicembre 2020

L’isolamento sanitario ha impedito alle persone trattenute nel Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli, a Milano, di incontrare per due settimane i propri avvocati e quindi esercitare il diritto alla difesa. È la denuncia dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), dell’organizzazione di volontariato Naga, della campagna Lasciatecientrare e della rete Mai più lager-No ai Cpr. «Se le autorità competenti non possono garantire i diritti in questione anche in vigenza dei protocolli necessari per la tutela della salute delle persone trattenute, del personale e dei legali, i Cpr devono cessare la propria attività», affermano le associazioni.

I fatti risalgono ai quattordici giorni che vanno dal 16 al 30 novembre. Dopo che due tamponi hanno dato esito positivo al Covid-19 i circa quaranta reclusi sono stati completamente isolati. Il caso più drammatico è quello di un cittadino tunisino: a fine novembre avrebbe dovuto incontrare l’avvocato per firmare la nomina, ma il colloquio non si è potuto tenere. L’uomo ha tentato il suicidio due volte e al momento si trova ricoverato all’ospedale Niguarda senza aver ancora nominato il difensore. Gravi conseguenze hanno poi riguardato otto minori che non avrebbero mai dovuto trovarsi dietro le sbarre e invece ci sono rimasti per quasi tre settimane perché la procedura di accertamento dell’età è stata congelata per tutta la durata della quarantena.

Le ulteriori restrizioni si sono inserite in un quadro che le associazioni giudicavano già «fortemente critico» per le modalità di svolgimento dei colloqui con gli avvocati e la libertà di corrispondenza con il mondo esterno delle persone detenute. Nel Cpr milanese sono spesso assenti mediatori professionisti, manca la riservatezza nei colloqui e il diritto di comunicare con l’esterno è limitato. Lo hanno scritto in una lettera inviata il 27 novembre ai garanti dei detenuti, al tribunale di Milano e al giudice di pace. Le autorità competenti hanno risposto sulla questione dell’isolamento forzato affermando che è stato disposto nel rispetto del protocollo emergenziale. Vista l’evoluzione generale della pandemia, però, è difficile pensare che quei contagi rimangano un caso isolato. Il rischio di nuove gravi violazioni è dietro l’angolo.

La struttura di via Corelli ha riaperto il 29 settembre scorso tra le proteste di una parte della cittadinanza. Da allora è stata teatro di diverse rivolte. L’ultima, domenica scorsa, sembra averne reso inagibile una parte. L’amministrazione del centro è stata interpellata dal manifesto ma non ha voluto chiarire se e dove le persone delle aree danneggiate siano state spostate. Il Cpr è gestito da Luna Scs e Versoprobo Scs.

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