L’ennesima strage commessa da un giovane in una scuola negli Stati uniti non può essere derubricata – come fa buona parte del mondo politico italiano – a mera patologia del paese nord-americano. Se è vero che a differenza del Texas, in Italia non è permesso, se non a persone in possesso di una specifica licenza, di girare armati, anche in Italia un diciottenne come l’autore della strage nella scuola di Uvalde in Texas, Salvador Ramos, può facilmente ottenere una licenza per armi da fuoco e detenerne un ampio numero.

LA NORMATIVA ITALIANA, infatti, non richiede né controlli specialistici sullo stato di salute mentale né esami tossicologici per verificare l’uso di sostanze psicotrope e di droghe da parte di chi richiede una licenza. Tutto si basa su una autocertificazione firmata dal medico di base e un controllo di idoneità psicofisica presso l’Asl simile a quello per ottenere la patente di guida.
Nel presentare la domanda in questura è richiesto di autocertificare di aver comunicato ai famigliari e conviventi maggiorenni di aver fatto domanda di possesso di armi, ma non c’è modo per le autorità di pubblica sicurezza di verificarlo perché infrangerebbero la privacy del richiedente. Così, senza che i genitori ne sappiano niente, anche un diciottenne italiano incensurato può ottenere una licenza per armi.

La più richiesta negli ultimi anni è quella di “tiro al volo”, detta di “tiro sportivo”, ma per ottenerla non è necessario dimostrare di praticare una disciplina sportiva. È sufficiente essere iscritti all’atto della domanda e del rinnovo – che avviene solo ogni cinque anni – ad una associazione di tiro sportivo. Si verifica così il fenomeno dei “tiratori fantasma”, 350mila persone che, pur essendo in possesso di una licenza di tiro sportivo, non praticano, nemmeno saltuariamente, una disciplina sportiva con le armi: ma continuano a detenerle. Non poche, anzi un ampio arsenale.

La legislazione italiana, infatti, permette a qualsiasi persona in possesso di una delle varie licenze per armi (difesa personale, tiro sportivo, caccia e nulla osta) di detenere 3 pistole con caricatori fino a venti colpi, 12 fucili semiautomatici – i più utilizzati nei mass-shooting – con caricatori fino a dieci colpi in numero illimitato e senza obbligo di denuncia e un numero illimitato di fucili da caccia.

AD INTRODURRE i giovani al fascino delle armi ci pensano le varie fiere di armi che annualmente si tengono in Italia. L’ultima è stata la “European Outdoor Show” (EOS) che si è svolta ai primi di maggio a Verona. Dietro l’apparenza di una manifestazione per la vita all’aria aperta si nascondeva l’intero campionario delle “armi comuni”: armi per la caccia, per il tiro sportivo, per la difesa personale e per corpi di sicurezza, tutto l’armamentario delle armi e munizioni, tranne quelle «appositamente sviluppate e progettate per la guerra». Eos si è caratterizzata nel panorama delle fiere di armi nei paesi dell’Unione europea per tre peculiarità: esporre tutte le armi comuni, consentire l’accesso al pubblico generalista e anche ai minorenni, purché accompagnati.

Un’evidente operazione ideologica, di quell’ideologia che mette sullo stesso piano la caccia, il tiro sportivo, la difesa personale e i corpi di private securities, tanto sempre di armi si tratta. Ma anche una sottile e becera operazione “educativo-culturale”: di quella cultura che intende portare i minori a sentire il fascino delle armi senza comprenderne la pericolosità. Così Veronafiere ha escluso i minori dalla fiera del vino “Vinitaly”, ma ne ha permesso l’ingresso alla fiera delle armi.

QUEST’ANNO SALVINI, sempre presente alla fiera delle armi Hit Show di Vicenza, non si è fatto vedere. Deve aver fiutato l’aria e, con la guerra alle porte e la sua “svolta pacifista”, ha capito che non poteva ripetere lo slogan che usa ogni volta che un legale detentore di armi ammazza un ladro o un immigrato disarmato («la difesa è sempre legittima»). Ma non ha dimenticato il «patto d’onore» che firmò nel 2018 alla fiera delle armi Hit Show di Vicenza con una delle associazioni italiane, Unarmi, nata proprio per difendere i «diritti dei legali detentori di armi». Associazione sostenuta dalle aziende italiane produttrici di armi, il cui vero obiettivo è replicare in Italia le pratiche della National Rifle Association (NRA), la potente lobby che in nome del diritto a difendersi continua ad osteggiare norme più rigorose sulla detenzione di armi.

*Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL)