Neil Tennant «live» con i Pet Shop Boys nel 2017
Neil Tennant live con i Pet Shop Boys, 2017 – Ansa
Visioni

Neil Tennant, l’intellettuale queer nella dialettica del pop

Musica I 70 anni dell’artista inglese, insieme a Chris Lowe ha fondato l’iconico progetto dei Pet Shop Boys

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 12 luglio 2024

Il 10 Luglio Neil Tennant ha compiuto 70 anni. Figura cardine di quel pop che è simultaneamente una critica del pop, le sue liriche non hanno tanto costruito un mondo, ma ne hanno in qualche modo addobbato un altro per una fine gloriosa.

Originario dei dintorni di Newcastle, Tennant si dedica già giovanissimo alla musica e al teatro (che affina la sua capacità narrativa). Appassionato del glam proprio per la sua teatralità, Neil arriva a Londra nei primi anni ’70 e milita in band di basso profilo. Nel 1981 conosce Chris Lowe, con cui fa amicizia grazie alla comune passione per la disco e concepisce con lui un progetto dove Tennant si occuperà prevalentemente delle liriche e del canto e Lowe della parte musicale.

Intanto Tennant è assunto dalla rivista musicale «Smash Hits». Approfittando di un viaggio a New York pagato dalla testata per intervistare i Police, nell’83 conosce Bobby Orlando, leggendario Dj disco di cui i due sono ammiratori. Le tracce che gli propone sono più o meno i demo delle canzoni dei primi 2 album.

Ma Orlando commette un errore decidendo di proporli come giovane duo rap bianco, sottovalutando il loro potenziale eminentemente pop. Così il loro primo singolo West End Girls, una fredda e affascinante ballata rap minimale che getta un occhio sulla desolazione di Londra, ottiene buoni risultati nei club di New York e Los Angeles piuttosto che in patria.

La roba che invecchia male è quella che viene considerata importante. A entrare nelle vite delle persone sono le canzoni leggere Neil Tennant

SCIOLTO il contratto con Orlando la canzone, nelle mani di un produttore come Stephen Hague, diventa un successo mondiale. Please, l’album di debutto del 1986, è a prima vista un gelido manifesto synthpop dello yuppismo. È iperprodotto ma fresco, con un che di epico e morriconiano.

In Opportunities (Let’s Make Lots Of Money), una nuova generazione di aspiranti capitalisti thatcheriani si presenta con liriche perfette per l’occasione. Suburbia getta uno sguardo sui ghetti urbani. Quello che colpisce è l’impassibile canto di denuncia sociale di Tennat, unito a ritmi dance e coretti. La discrasia tra i temi cantati e il mood della melodia è un elemento di disorientamento che sfiora, se possibile, una sorta di postmodernismo assoluto.

Testi contro il neoliberismo e di denuncia sul tema di Aids e omosessualità. E il crollo dell’Urss

Più arrangiato e fantasioso, Actually si concentra sul tema dell’Aids. Il sottotesto di It Couldn’t Happen Here, che narra della tragica scoperta di un amico di Tennant di essere sieropositivo, allude ai benpensanti che ritenevano, all’inizio dell’epidemia, che il male toccasse solo i gay e non persone «come loro». Ma il brano-simbolo di denuncia di quel terribile stigma sociale è l’anthem It’s A Sin, ispirato all’educazione scolastica cattolica di Tennant.

Secondo quest’ultimo, ai tempi della comparsa dell’Aids i gay sono stati lasciati soli, usati come capri espiatori, isolati e lasciati morire, e questo è in qualche modo inespiabile. Dopo il rivoluzionario Introspective (’88) che porta all’apice l’arte del remix, il successivo Behaviour è un album perfetto nel suo essere raffinato e mainstream al tempo stesso, con canzoni che fluiscono eleganti e languide.

ANCHE su questo disco è trattata la tematica dell’Aids. In Being Boring, considerata la più melodicamente perfetta delle canzoni del duo, si ricordano gli anni felici della gioventù di Tennant a Newcastle, quindi la morte dei suoi amici per via dell’epidemia.
In My October Symphony, introdotta non casualmente dal coro All’Ottobre della Sinfonia n° 2 di Sostakóvic, parla di un compositore russo che si lamenta perché il comunismo ha fallito. I

l tema dell’Unione Sovietica (e della sua caduta), al pari di quello della tragedia dell’Aids, sono ricorrenti nelle tematiche di Tennant. La prima ha causato il neoliberismo senza limiti che sta disumanizzando il popolo, la seconda ha ucciso i sogni dei gay.

Sarà nella cover dalle liriche modificate di Go West dei Village People, da Very (’93), che i due temi in qualche modo convergeranno, a partire dal video incentrato sull’iconografia sovietica. Il primo sottotesto riguarda la ricerca di una terra promessa da parte dei gay che fuggivano dall’Urss, il secondo, quello più vicino all’idea originale, un gioioso invito ai gay a recarsi in California per vivere un’esperienza comunitaria. Ma vi è un terzo sottotesto, che richiama quel «Go west, young man» che era lo slogan rivolto ai giovani americani per spingerli a colonizzare le terre dell’Ovest.

NEL FRENETICO e festoso Bilingual, in cui ritmiche latine si mischiano a ritmi elettronici e un cantato in inglese, portoghese e spagnolo, emergono ancora tematiche oscure; ma il disco è solare. Tennant e Lowe si concedono di «fare» quella musica kitsch che avevano sempre esaminato e manipolato dall’alto, perdendo la coolness finora mantenuta.

I due hanno prodotto svariati altri album anche innovativi, come Fundamental (2006) ed Electric (2013), ma il grosso della loro poetica è stato espresso sin qui. La fine della speranza di andare oltre il neoliberismo per il crollo dell’Urss, di cui ovviamente Tennant riconosce gli innumerevoli difetti e distorsioni, a detta di qualcuno ha generato un lutto. Ma il lutto principale, ritengo, la cosa da cui non si può tornare indietro, è per Tennant l’epidemia di Aids dei primi anni Ottanta.

L’immediatezza di gruppi gay di quel decennio come Bronski Beat e Frankie Goes To Holywood contrasta con la musica dei Pet Shop Boys, sin dall’inizio leggermente più opaca e distante.

È eminentemente una forma di rivisitazione, attraverso suoni, parole, artisti con cui i due collaborano e che rappresentano iconicamente, come Elton John e Liza Minnelli, la storia di quel mondo e della sua fine. Ma è anche un’elegia, una cerimonia, una cura, nonostante la ferita per Tennant sia ancora infetta.

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