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Nebrodi, «un attentato per due obiettivi»

Nebrodi, «un attentato per due obiettivi»Il parco dei Nebrodi

Intervista Il procuratore di Messina Guido Lo Forte: «La strategia della mafia è imporre la propria supremazia territoriale e eliminare chi intralcia gli affari delle cosche»

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 20 maggio 2016

Un agguato per imporre l’egemonia territoriale nei Nebrodi e per riaffermare la propria supremazia rispetto ai clan dei barcellonesi, colpiti negli ultimi anni da decine di arresti per le inchieste della Procura di Messina in operazioni antimafia che hanno disarcionato l’organizzazione criminale. Ma anche con un obiettivo ben preciso: eliminare chi si è intestato la battaglia antimafia mirando dritto agli affari delle cosche che stanno perdendo milioni di euro per via dei controlli più rigidi sulle concessione dei terreni pubblici assegnati a pascolo, attraverso cui i clan riuscivano a ottenere facilmente contributi dall’Unione europea. E’ questo per Guido Lo Forte, capo della Procura a Messina, il contesto che ha armato il commando di fuoco che ha tentato di uccidere Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, scampato ai killer grazie alla prontezza degli agenti di scorta e del vice questore Daniele Manganaro. I poliziotti hanno risposto ai colpi di fucile della banda armata, mettendola in fuga. Un attacco che gli investigatori definiscono «da guerriglia civile», con scene da «terrorismo mafioso», preparato nei dettagli. Chi ha agito lo ha fatto senza lasciare nulla al caso, pianificando la strage lungo la provinciale tra Cesarò e San Fratello, che si inerpica sui monti, con tanto di bottiglie molotov pronte a essere lanciate contro la blindata di Antoci, ma ritrovate inesplose nel luogo della sparatoria dagli investigatori, proprio perché i killer sono stati costretti a fuggire.

Procuratore Lo Forte, state seguendo una pista ben precisa?

L’attentato al presidente del Parco dei Nebrodi è di assoluta gravità, è chiaramente un agguato mafioso. Fin da subito i miei sostituti della Dda, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, si sono recati sul posto per apprendere elementi utili alle indagini.

Avete ascoltato qualcuno, ci sono dei sospetti sui componenti del commando di fuoco?
Sono state interrogate diverse persone, non posso dire altro perché ci sono delle indagini in corso. Ma sicuramente presto ci saranno sviluppi.

C’è chi indica chiaramente la mano delle vecchie famiglie mafiose tortoriciane: è giusto parlare di una mafia dei colletti bianchi e di una mafia rurale che con questo attentato vuol lanciare un messaggio di dominio in zone dove la presenza dello Stato è meno evidente?

Questa è una distinzione generica, l’analisi deve essere fatta tenendo conto dei vari contesti. Le coordinate mafiose sono sempre le stesse. L’essenza dell’organizzazione criminale di tipo mafioso consiste nel controllo dei territori, nel controllo delle attività economiche lecite e illecite. In questa fase le mafie sono tutte uguali.

E poi…

L’evoluzione dipende dai contesti ambientali. Ci sono mafie che attraverso il contesto economico in cui operano si evolvono in attività di riciclaggio più complesse e di tipo finanziario, con complicità in vari settori. E ci sono mafie che riciclano il denaro sotto forme meno complesse, investendo per esempio nelle imprese e negli immobili.

C’è un’unica struttura, insomma, e ci sono ramificazioni differenti

C’è una struttura e c’è un’elevazione sovra-strutturale: dipende da come vengono impiegate le risorse finanziarie. Le mafia di Palermo, quella di Catania e quella dei Nebrodi sono identiche. Ognuno sfrutta quel che può.

Non pensa però che con l’agguato sui Nebrodi, pianificato in quel modo, le cosche abbiano alzato il livello in difesa dei loro affari sui terreni a pascolo?

Sì. In questa zona l’occasione di guadagno per l’organizzazione mafiosa nasce dai contributi che l’Unione europea destina alle attività di pascolo. La mafia di quest’area si è evoluta in questa direzione, in passato invece si era evoluta facendo affari con gli appalti per la costruzione dell’autostrada Messina-Palermo. Ma attenti a non commettere errori di sottovalutazione…

Cioè…

La mafia dei colletti bianchi e la mafia definita rurale non sono due categorie differenti, entrambe controllano il territorio con la violenza.

E’ rimasto sorpreso dalla metodologia con cui il commando ha preparato l’attentato al presidente del Parco?

E’ stata una reazione di tipo classico, di una mafia, quella dei Nebrodi, che più delle altre è rimasta legata a schemi strutturali arcaici. L’uso di determinate armi rientra nella tradizione di queste cosche.

Un attentato eclatante: perché?

Dipende da considerazioni di carattere ambientale, di maggiore o minore omogeneità delle strutture nei territori. E’ più terribile la mafia che non ha una potenza consolidata rispetto a quella che segue criteri differenti di pianificazione di una strategia criminale. Non è un caso che quest’atto così eclatante arrivi da una mafia che ha tradizioni antiche ma che nell’ultimo decennio ha subito l’egemonia delle famiglie di Barcellona Pozzo di Gotto e che ora tenti di imporsi nuovamente.

Dunque, c’è in ballo un riposizionamento dei clan sui Nebrodi?

La potenza dei barcellonesi è stata incrinata dalle operazioni antimafia e da decine di arresti. I ‘batanesi’ e ‘tortoriciani’ stanno cercando di recuperare terreno e spazi.

E’ preoccupato per una escalation di violenza?

Lo Stato sta facendo la sua parte e continuerà a farla.

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