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Nduduzo Makhathini quartet, quel sottile piacere dell’interplay

Nduduzo Makhathini quartet, quel sottile piacere dell’interplayNduduzo Makhathini – foto Getty Images

Live Al Blue Note il pianista sudafricano, autore di una musica comunicativa in cui interviene anche come vocalist

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 9 dicembre 2022

Non si può certo dire che sulla scena internazionale del jazz manchino nuovi talenti; il problema in alcuni casi è semmai che arrivino alla nostra attenzione, nella gran dispersione e confusione di informazioni, uscite discografiche, scelte di rassegne e locali. Al Blue Note, in apertura di alcune date italiane (le altre a Ferrara, Mantova e Venezia), martedì 6 si è esibito il pianista sudafricano Nduduzo Makhathini, che negli ultimi anni si è affacciato alla ribalta internazionale suscitando parecchio interesse. Ma Makhathini – quarant’anni compiuti in settembre – non era l’unica novità. Il pianista si è presentato in quartetto, con musicisti diversi da quelli che lo affiancano nel suo secondo album per la Blue Note, In the Spirit of Ntu, uscito quest’anno: con lui due musicisti americani ben noti, un navigato e consistente sax alto come Logan Richardson e un eccellente batterista come Chad Taylor, affermatosi negli anni novanta con l’esperienza di Chicago Underground; al contrabbasso invece un musicista assai meno conosciuto, che ha l’aria di un ragazzino ma che ha una trentina d’anni e sa il fatto suo, Zwelakhe-Duma Bell le Pere.

BELL LE PERE ha origini sudafricane e statunitensi: il doppio nome, Zwelakhe-Duma, gli è stato dato in omaggio a due eroi della lotta contro l’apartheid, il giornalista Zwelakhe Sisulu e Duma Nokwe, segretario generale dell’African National Congress fra anni cinquanta e sessanta e morto in esilio; dal lato sudafricano il padre, Garth le Pere, docente universitario, è stato coinvolto nella lotta contro l’apartheid, e un nonno è stato segretario dell’ANC; dal lato statunitense Bell le Pere ha anche ascendenze nativo-americane. Bell le Pere ha frequentato il New England Conservatory di Boston, ha studiato contrabbasso con Jeff Fuller e con due dei più straordinari bassisti affermatisi nel jazz della seconda metà del secolo scorso, Cecil McBee e Ron Carter, è stato apprezzato da Dave Holland, ha lavorato con Dave Liebman e con Jason Moran, vive a New York e guida fra l’altro un quintetto, di cui fa parte Logan Richardson, con cui suona propria musica.

Nel programma brani tratti dal suo secondo album dal titolo «In the Spirit of Ntu»

CON MAKHATHINI è in contatto già da tempo: nel 2016 Makhathini era al piano nel gruppo con cui Bell le Pere si è esibito all’Orbit, rinomato jazz club di Johannesburg, e fra il pubblico c’era anche Thabo Mbeki, ex presidente del Sudafrica. Nduduzo Makhathini è nato in un’area a prevalenza zulu della provincia del Kwa-Zulu Natal; è stato influenzato da musicisti sudafricani, come i pianisti Abdullah Ibrahim e Bheki Mseleku. Mseleku, suo mentore, gli ha fatto scoprire il quartetto di Coltrane con McCoy Tyner, e Tyner è diventato un’ulteriore influenza per il suo approccio al piano: ma sia su disco che dal vivo l’influenza di McCoy Tyner si fa spesso sentire non solo nel pianismo di Makhathini, che è stato colpito anche da altri esempi pianistici – cita Andrew Hill, Randy Weston e Don Pullen – ma anche nella musica nel suo insieme. Al Blue Note Makhathini ha proposto una musica comunicativa, vivace, con qua e là accenti sudafricani ma non particolarmente connotata in questo senso, alla quale ha dato respiro intervenendo anche come vocalist, curiosamente con un atteggiamento espressivo che poteva ricordare un’impostazione griotistica da Africa occidentale. Più che essere al centro dell’attenzione col suo pianoforte, è sembrata interessargli una logica di gruppo, con brani che lasciano spazio all’interplay: del resto con un modo di fare molto solare ha intrattenuto per diversi minuti il pubblico parlando dell’ubuntu, spiegando che si tratta di una concezione non individualistica del sé, per la quale si è sé stessi proprio grazie al fatto di essere circondati dagli altri. Sarà l’ubuntu ma i musicisti sono apparsi molto calati nella musica che facevano, molto attenti agli altri e molto contenti di suonare assieme.

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