Grida di vittoria e congratulazioni dalle destre estreme europee, grande preoccupazione espressa da sinistra, socialdemocratici e liberali, mentre il Ppe si nasconde imbarazzato. Il primo a congratularsi con Giorgia Meloni, già domenica, non a caso è stato l’ungherese Viktor Orbán, che tempo fa aveva previsto «una svolta» in Europa «quando l’Italia sarà conquistata» (l’ideologo statunitense Steve Bannon aveva detto: mettete un volto ragionevole sul populismo europeo di destra e lo fate vincere). A ruota le congratulazioni del primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki.

I NAZIONALISTI (anche se i loro eurodeputati non siedono negli stessi gruppi al Parlamento europeo) con la vittoria di Fratelli d’Italia sono ormai la terza forza (dopo social-democratici e liberali) al Consiglio europeo, che riunisce i capi di stato e di governo. Questo significa che l’Europa non sarà più la stessa, che gli equilibri politici stanno cambiando e il movimento rischia di accelerarsi, dopo i risultati in Svezia e in Italia, con le elezioni spagnole che si avvicinano, anche qui come a Stoccolma e Roma con una possibile alleanza tra destra «di governo» e estrema destra.

Venerdì, c’è un vertice dei ministri dell’Energia, dove verrà discusso il settimo pacchetto di sanzioni alla Russia, il tema tornerà poi al Consiglio europeo del 20-21 ottobre, che potrebbe coincidere con la nascita del nuovo governo italiano. Orbán è già partito all’attacco contro le «sanzioni imposte dall’élite di Bruxelles». Due dei tre partiti che governeranno l’Italia condividono l’analisi di Budapest: «La Russia ha guadagnato 158 miliardi di entrate metà delle quali, 85 miliardi, è stata pagata dai paesi Ue, non c’è quindi da stupirsi che in alcuni stati membri il popolo arrabbiato stia cambiando i governi che hanno sostenuto le sanzioni». L’unità della Ue nella battaglia contro la guerra di Putin è in gioco, «l’ultima cosa di cui avevamo bisogno era l’orbanizzazione di un paese membro fondatore come l’Italia», afferma l’eurodeputato Spd tedesco Udo Bullmann. Che punta il dito contro il Ppe: «Non è più una forza affidabile per difendere i valori europei, lo vediamo in Svezia e forse lo vedremo anche in Spagna».

VALORI EUROPEI, futuro dei progetti comuni, riforma dei Trattati: il Consiglio europeo molto spostato a destra darà un colpo di freno ai passi avanti federalisti. Il piano di Rilancio di 750 miliardi – di cui l’Italia è il principale fruitore – non avrà probabilmente un seguito: Emmanuel Macron ha perso l’alleato Mario Draghi per convincere i “frugali” a ripetere l’iniziativa con un nuovo prestito comune, per far fronte ai disordini creati dalla guerra in Ucraina sulle economie europee. Così come la revisione dei Trattati che era allo studio, per permettere un approfondimento dei legami anche attraverso un’estensione del voto a maggioranza non avrà luogo in un’Europa sempre più delle “nazioni”, aggrappate all’unanimità e al diritto di veto.

LE REAZIONI più angosciate sono venute ieri dalla Spagna, il ministro degli Esteri, José Manuel Albares ha affermato che «è un momento di incertezza e in questi momenti i populismi crescono sempre e sempre finiscono alo stesso modo, con una catastrofe, per loro la risposta è sempre la stessa: chiudiamoci in noi stessi e torniamo al passato».

In Francia, anche se la sottosegretaria agli Affari europei, Laurence Boone, due giorni prima del voto aveva affermato che Parigi auspica «relazioni costanti» con Roma e assicurato di «lavorare dall’inizio della guerra con tutti i 27, anche con l’Ungheria», ieri la prima ministra, Elisabeth Borne, ha insistito sul rispetto dei valori europei: «Staremo attenti che i diritti umani, il rispetto degli altri, in particolare il rispetto del diritto all’aborto, siano rispettati da tutti». È la stessa cosa che aveva detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, prima del voto. La Ue non minaccia, contrariamente all’interpretazione disonesta delle destre, ma semplicemente sta attenta a difendere gli interessi dei contribuenti europei, che garantiscono prestiti a tassi di interesse zero (mentre l’Italia da sola deve già fare i conti con lo spread). Ieri da Bruxelles il portavoce della Commissione ha tagliato corto: «Non facciamo mai commenti sui risultati elettorali nazionali».

In Francia, per il segretario della Cfdt, Laurent Berger, «Meloni rappresenta ciò che il sindacalismo combatte, incarna una versione rattrappita di cosa deve essere una nazione». Esulta invece l’estrema destra, da Marine Le Pen («il popolo italiano ha eletto un governo sovranista») a Eric Zemmour («dalla Svezia all’Italia abbiamo sperimentato la seconda unione delle destra vittoriosa»). Per il probabile prossimo segretario del Ressemblement National, Jordan Bardella, «l’Italia ha dato una lezione di umiltà alla Ue, che, attraverso Ursula von der leyen, pretendeva di dettare come dovevano votare».