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Natsume Soseki, nel fantastico una forma di rivolta contro i valori Meiji

Natsume Soseki, nel fantastico una forma di rivolta contro i valori MeijiFujishima Takeji, «Nudo al lago», 1916 ca

Classici giapponesi Scritti fra il 1905 e il 1906, al rientro dal deludente soggiorno in Inghilterra, i «Racconti sospesi» nel vuoto attingono a frammenti di archetipi dell’immaginario: da Atmosphere

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 12 aprile 2020

Concepiti dopo il tanto vagheggiato quanto deludente soggiorno di Natsume Soseki in Inghilterra, e tramati dell’atmosfera fin de siècle nella quale lo scrittore giapponese si era trovato avviluppato fin dal suo arrivo a Londra, i Racconti sospesi nel vuoto, ora pubblicati con inediti da Atmosphere (a cura di Andrea Maurizi e Marco Taddei, pp. 299, € 17,50) risentono del fermento intellettuale e artistico di quel periodo in bilico fra romanticismo e simbolismo.

L’inferno di Dante, gli eroi e le eroine del ciclo bretone, le ombre soffocanti del medioevo inglese si intrecciano con motivi e ambientazioni della tradizione folklorica giapponese sul terreno comune di suggestioni, incubi, sogni, ovvero di quella dimensione altra, regno di forze non controllabili dalla ragione e dalla scienza, che la modernizzazione si era illusa di spazzare via.

Discesa agli inferi
Sebbene la fama di Natsume Soseki sia legata a altri libri, da Il cuore delle cose a Io sono un gatto, questi sette Racconti sospesi – scritti fra il 1905 e il 1906 – ci introducono a un suo lato meno conosciuto eppure intrigante, legati come sono da un filo impalpabile e tenace, che si snoda dal noir grottesco di «La Torre di Londra» all’esoterismo dello «Scudo dell’illusione» fino allo struggente lirismo di «Rugiada sulle foglie» (edito qui per la prima volta), iscrivendosi in una cornice sospesa fra il sonno e la veglia, fra il reale e l’immaginario.

A fronte del mainstream che auspicava l’affermazione del romanzo naturalista, in una prosa finalmente moderna, mimetica, realistica, Soseki ribadisce il potere del fantastico come medium più idoneo a comprendere il Giappone moderno. Se la vera ragion d’essere della fiction fantastica – lo ha sottolineato Susan J. Napier nel suo The fantastic in modern Japanese literature – è il suo essere in contrasto con il «reale», in questo caso con la società e l’ideologia del periodo Meiji, le storie comprese in questa insolita raccolta sfuggono o compensano i dati di realtà con una forma implicita e indiretta di sovversione, attingendo tanto alla tradizione europea e anglosassone quanto a quella nipponica.

Non a caso, a inaugurarle è una discesa agli inferi, che nella nebbia che avvolge la città e la mente del protagonista si sovrappone alla visita alla Torre di Londra, popolata dai fantasmi di quanti ne sono state vittime innocenti. I fratelli Edoardo V d’Inghilterra e Riccardo di Schrewsbury, così come Lady Jane Gray, appaiono come le anime dei dannati della cantica dantesca, reali, materici, carne e umori, ad ampliare la sensazione del dissolvimento dei confini fra un hic et nunc impossibile da comprendere e un altrove molto più tangibile e reale.

Sono poche le opere che riescono a prolungare per tutta la loro estensione quello che Todorov ha descritto come lo spazio dell’esitazione di fronte a un evento che sembra impossibile, facendo durare il momento che precede la spiegazione, e mantenendo la suspense dell’attesa fino alla risoluzione finale. La letteratura giapponese ne offre alcune tappe eccelse, per esempio «Nel bosco» di Akutagawa Ryunosuke (al quale Kurosawa si è ispirano per Rashomon) o Aghwee il mostro celeste di Oe Kenzaburo e, appunto, questi Racconti sospesi di Soseki, dove il fantastico – abbandonando ogni pretesa di rappresentare il mondo così come lo conosciamo – si fonda sul presupposto per cui non ci è dato conoscere quanto ci circonda.

Siamo nel regno del paradosso, dell’eterna e insoddisfatta ricerca di qualcosa che ci è stato nascosto e tacitato: perciò fantastico è, qui, anche sinonimo di sovversione. A venire ribaltata è l’illusione tipicamente ottocentesca di una qualche unitarietà del mondo, mentre si insinua il dubbio su una conoscenza autentica del reale e quindi sul suo controllo.

Immaginari archetipici
Il fantastico di Soseki si configura così come un contro-discorso alternativo al moderno, anche quando a prima vista appare una rêverie intellettuale fine a se stessa, come nel caso del racconto inedito, titolato «Il museo Carlyle». Universalmente accessibile pur essendo profondamente radicata nel Giappone moderno, tutto impegnato nell’incontro/scontro con l’Occidente, la raccolta dei Racconti sospesi è immersa in un’atmosfera surreale, dove le nozioni stesse di sogno e allucinazione si trovano ridiscusse, e viene creato uno spazio letterario liminale, uno specchio nel quale si riflettono i frammenti di un immaginario archetipico, dai quali è facile ricostruire la soffocante rappresentazione delle inquietudini tipicamente moderne.

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