Nascite ai minimi storici, la popolazione invecchia e il Mezzogiorno si spopola
Il report Istat sugli indicatori demografici del 2021 Gli italiani sono 58 milioni 983 mila, in otto anni siamo calati di un milione 363mila. Delle 38 province meridionali, 34 hanno avuto una diminuzione superiore alla media nazionale
Il report Istat sugli indicatori demografici del 2021 Gli italiani sono 58 milioni 983 mila, in otto anni siamo calati di un milione 363mila. Delle 38 province meridionali, 34 hanno avuto una diminuzione superiore alla media nazionale
Culle in Italia al minimo storico nel 2021: i 399.400 bambini nati fanno segnare un meno 1,3% rispetto al 2020, solo a fine anno si sono registrati segnali di ripresa. Sono i dati Istat relativi al report sugli indicatori demografici. Il numero medio di figli per donna si è 1,25. Continua così il calo della popolazione, in riduzione costante dal 2014, quando risultava pari a 60,3 milioni.
Al primo gennaio 2022, secondo i primi dati provvisori, la popolazione scende a 58 milioni 983mila unità, 250mila in meno dell’anno precedente. Nell’arco di 8 anni la perdita cumulata è stata di un milione 363mila cittadini.
La crisi demografica colpisce di più il Sud (meno 6,5 per mille in media) e, in particolare, Molise (meno 12 per mille), Basilicata (meno 9,5) e Calabria (meno 8,6). Regioni che, secondo l’Istat, «sono sempre più in una situazione da cui appare difficile poter uscire». Delle 38 province meridionali, 34 hanno avuto un calo di popolazione superiore alla media nazionale e in 9 la riduzione è a doppia cifra: meno 10,6 per mille nella provincia di Oristano, meno 15,4 per mille a Isernia. Nel mezzo Nuoro, Campobasso, Enna, Potenza, Benevento, Caltanissetta e Crotone.
L’età media degli italiani è passata da 45,9 a 46,2 anni. Gli ultra 65enni (14 milioni 46 mila a inizio 2022) sono il 23,8% della popolazione totale contro il 23,5% del 2020. In diminuzione sia gli individui in età attiva quanto i più giovani: i 15-64enni (meno 198mila) scendono dal 63,6% al 63,5%; i ragazzi fino a 14 anni (meno 160mila) passano dal 12,9% al 12,7% del totale. Gli ultra centenari nel 2022 sono più di 20mila. Neppure nelle regioni a maggior impatto pandemico si è arrestato l’invecchiamento. Al Nord e al Centro le popolazioni ultra 65enni (che, rispettivamente, crescono dal 24,1% al 24,3% e dal 24,2% al 24,5%) registrano una variazione più contenuta del Mezzogiorno, che resta comunque più giovane (dal 22,3% al 22,7%).
La speranza di vita alla nascita è stimata in 80,1 anni per gli uomini e in 84,7 per le donne. Se nel 2020 il Covid aveva colpito di più il Nord in termini di decessi, nel 2021 l’eccesso di mortalità si è trasferito al Sud, dove la speranza di vita è scesa a 81,3 anni: una perdita di 6 mesi che vanno a cumularsi ai 7 mesi ceduti nel 2020, a fronte di una media nazionale di 82,4 anni, 82,9 al Nord. A incidere può essere stato anche il tasso di immunizzazione anti Covid. Al 31 dicembre 2021 nel Nord il tasso di vaccinazione per seconde dosi è stato dell’84,2% a fronte dell’81,6% del Sud. Dose booster: il Mezzogiorno si ferma al 33%, il Nord è al 37,9%.
Migrazioni: con l’attenuarsi della pandemia è ripresa la mobilità interna. Nel 2020 si sono registrati un milione 334mila trasferimenti, il 10% in meno rispetto al 2019; nel 2021 si è superata quota un milione 400mila con una differenza in meno del 4,9% rispetto ai livelli pre Covid. Sono stati 389mila gli individui che hanno lasciato il meridione per trasferirsi in un altro comune; 339mila quelli che hanno eletto un comune del Sud quale luogo di dimora (incluso quelli provenienti da altro comune del Mezzogiorno). Ne risulta un saldo negativo di 49mila unità (meno 2,5 per mille abitanti).
Il fenomeno è più grave in Basilicata (meno 4,8 per mille) e Calabria (meno 4,4 per mille). Le regioni del Nord registrano invece un più 1,6 per mille; più 0,5 per mille per il Centro. Le iscrizioni dall’estero per trasferimento sono cresciute del 15,7% sul 2020 (da 248mila a 286mila). Le cancellazioni per l’estero scendono del 19% sul 2020 (da 160mila a 129mila). L’accesso alla Sanità pubblica e l’incertezza internazionale rispetto al Covid sembrerebbero aver favorito la scelta di spostarsi all’interno dei confini del paese.
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