La presenza di un artista come il giamaicano Nari Ward (1963, vive e lavora a New York) nel Centro Balneare Romano è un antidoto a qualsiasi tentazione retorica. Tutto è precario nelle sue installazioni – dai teli di emergenza con cui si riscaldano i corpi dei migranti che ricoprono l’acqua dell’immensa piscina (4000 metri quadrati) alla torretta che simula quelle della polizia usate nelle politiche securitarie per i quartieri a maggioranza afroamericana, fino al fiume di passeggini malmessi, scorie urbane che costruiscono un’architettura temporanea del disagio abitativo e dell’abbandono emotivo. Non a caso, molti oggetti-reperti di Ward provengono dalle strade...