La presenza di un artista come il giamaicano Nari Ward (1963, vive e lavora a New York) nel Centro Balneare Romano è un antidoto a qualsiasi tentazione retorica. Tutto è precario nelle sue installazioni – dai teli di emergenza con cui si riscaldano i corpi dei migranti che ricoprono l’acqua dell’immensa piscina (4000 metri quadrati) alla torretta che simula quelle della polizia usate nelle politiche securitarie per i quartieri a maggioranza afroamericana, fino al fiume di passeggini malmessi, scorie urbane che costruiscono un’architettura temporanea del disagio abitativo e dell’abbandono emotivo. Non a caso, molti oggetti-reperti di Ward provengono dalle strade di Harlem, territorio storicamente ad alta concentrazione black.

NELLE SUE OPERE, quasi sempre costruite in assenza di corpi (pur se alludono a un’umanità rifiutata o rimossa), ritroviamo gli «eccedenti», quelle «vite di scarto» così lucidamente descritte da Zygmunt Bauman nella loro vulnerabilità senza possibilità di riscatto.

Amazing Grace

COSÌ LA MOSTRA Gilded Darkness, nuovo progetto milanese della Fondazione Nicola Trussardi (presieduta da Beatrice Trussardi, con la direzione artistica di Massimiliano Gioni), visitabile fino a domenica 16, affronta e smantella quel manifesto imperialista insito nell’architettura fascista progettata da Luigi Secchi – il Centro fu inaugurato a Milano nel 1929, come tributo all’atleta Guido Romano morto al fronte durante la prima guerra mondiale.
L’instabilità sociale e la povertà di alcune fasce di popolazione è raccontata, per ellissi narrative e con un tocco poetico, dai trecento passeggini raccolti in giro negli anni. «Sono oggetti che veicolano la cura dei genitori e poi il primo passaggio dell’infanzia nel mondo. Rimandano a un’idea di protezione, ma poi cadono in disuso e vengono riadattati da individui emarginati, spesso senzatetto, che raccolgono bottiglie e lattine per sbarcare il lunario», spiega Nari Ward. Niente a che vedere dunque con il riciclo green, piuttosto sono una impervia segnaletica sociale.
Amazing Grace – questo il titolo – è forse l’installazione più iconica dell’artista, che viene riadattata a seconda degli spazi espositivi fin dal 1993; qui è ospitata negli antichi spogliatoi. Ha anche una colonna sonora gospel, con la voce dell’attivista e cantante Mahalia Jackson che intona l’inno composto nel Settecento dal mercante di schiavi John Newton quando si convertì al cristianesimo e, da uomo redento, si ritirò dalla tratta degli esseri umani trasformandosi quasi in un abolizionista.

Stroller Sprouts

SUI BORDI della piscina «occupata» da quella sorta di passerella emergenziale, che riverbera malinconicamente la luce del giorno e inverte la fluidità dell’acqua in un’effimera e transitoria solidità, c’è un eccentrico macchinario da venditore ambulante. S’impone ludicamente nel panorama desolato di un mondo che si accosta alla deriva non coltivando le relazioni e inseguendo il potere. È un dispositivo accalappia-sorrisi di duchampiana memoria. Anche manzoniana in realtà, se i sorrisi elargiti possono finire inscatolati come la merda d’artista comprata poi a peso d’oro.