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Napoli, il Movimento migranti e rifugiati in corteo per il Permesso d’emergenza

Napoli, il Movimento migranti e rifugiati in corteo per il Permesso d’emergenzaIl Movimento Migranti e rifugiati in piazza del Plebiscito, Napoli

Operazione contro lo sfruttamento dei braccianti nel foggiano Sei imprenditori agricoli e un caporale arrestati: i lavoratori venivano controllati con le telecamere, ogni "infrazione" punita con una multa

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 18 giugno 2021

In 2mila si sono presentati ieri mattina in corteo davanti la prefettura di Napoli. A 13 mesi dalla sanatoria voluta dall’allora ministra Bellanova, la maggioranza delle richieste risulta inevasa. Solo a Napoli, su oltre 19mila domande, sono state convocate meno di 100 persone. Il Movimento migranti e rifugiati ha ottenuto l’impegno della prefettura a fissare un appuntamento con l’ufficio immigrazione per discutere del permesso di soggiorno d’emergenza, valido per tutte le categorie di lavoratori stranieri (non solo per agricoltura, colf o badanti), di tutele e accesso alla Sanità pubblica a cominciare dai vaccini.

Uscire dalla clandestinità per fermare lo sfruttamento. Ieri sono stati effettuati gli arresti di 6 imprenditori agricoli e un caporale per sfruttamento della manodopera: 150 bracciati migranti trattati come schiavi nelle campagne del foggiano. Nessuna possibilità di fare una pausa, l’acqua da bere presa da un pozzo non potabile. Le imprese agricole coinvolte sono finite in amministrazione giudiziaria. Si tratta di aziende con un giro di affari pari a due milioni di euro mentre ammonta a un milioni di euro il valore dei beni, mobili e immobili, sequestrati.

Le indagini sono iniziate nel marzo dello scorso anno dopo la denuncia di due braccianti. Una cooperativa di Orta Nova (Foggia) «si comportava come un’agenzia interinale, assumendo i lavoratori ma eludendo i controlli e consentendo lo sfruttamento illecito di manodopera. Era una società schermo». Ai braccianti, pagati o 5 euro all’ora o 4,50 euro per cassone, venivano «tolti 50 centesimi per ogni inadempienza come un pomodoro sporco di terra o una cassetta sistemata male». Per controllarli nei campi, i lavoratori venivano videoregistrati perché «l’obiettivo era far sì che producessero il più possibile».

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