L’Ottocento a Napoli è l’epoca delle grandi istituzioni scientifiche: il Real Orto botanico in via Foria; l’Osservatorio astronomico di Capodimonte; la Stazione zoologica in Villa Comunale, l’unica a non sorgere per impulso della monarchia borbonica. A scegliere la città fu il naturalista e zoologo tedesco Anton Dohrn, interessato alla ricchezza faunistica del golfo. L’edificio centrale venne inaugurato nel 1872. Nel 1869 Dohrn scrive a Charles Darwin: «Essendo stato parecchie volte sulle rive del mare per studi zoologici, ho sperimentato quanto è difficile studiare l’embriologia senza un acquario. Questa mancanza mi ha suggerito l’idea di fondare non solo acquari, ma stazioni zoologiche o laboratori in varie parti delle nostre coste europee». A Napoli, quindi, realizza il suo progetto riunendo in un unico edificio la parte espositiva aperta al pubblico al pianterreno e i laboratori di ricerca ai piani superiori, lo sbigliettamento doveva servire a sostenere la ricerca.

L’ACQUARIO fu costruito sotto la supervisione di William Alford Lloyd, ingegnere inglese che aveva contribuito al progetto degli acquari pubblici di Amburgo, Parigi, Vienna e Londra. Quello di Napoli è l’unico in attività che ha conservato la struttura originale. Ancora nella Villa Comunale, l’attigua Casina del Boschetto dal 2021 ospita il Museo Darwin-Dohrn dedicato alla biodiversità marina: opere d’arte, sculture, reperti biologici e strumentazioni storiche consentono di viaggiare nel tempo incontrando le forme primordiali di vita e scoprendo come gli organismi si sono

adattati agli ambienti marini. L’imponente Glass cage presenta parte dei 10mila reperti raccolti. In oltre 150 anni di storia, hanno lavorato presso la Szn – Stazione zoologica di Napoli Anton Dohrn oltre 8mila ricercatori, tra i quali 20 premi Nobel. I risultati sono documentati nella biblioteca, la prima collezione libraria fu donata dallo stesso Dohrn per essere messa a disposizione degli scienziati che arrivavano a Napoli. Quasi 100mila i volumi conservati, a cominciare dai primi testi naturalistici del Sei-Settecento e i volumi delle spedizioni oceanografiche dell’Ottocento.

LE ATTIVITÀ DI RICERCA sono organizzate in 5 dipartimenti, tre a carattere scientifico (Biologia ed Evoluzione degli organismi marini; Ecologia marina integrata; Conservazione animali marini e Public engagement) e due dedicati alla ricerca tecnologica (Infrastrutture di ricerca per le risorse biologiche marine; Biotecnologie marine). Venerdì scorso uno scossone ha agitato le acque dell’ente di ricerca: il presidente, Chris Bowler, si è dimesso. Era stato nominato a settembre 2022 dal ministero per la Ricerca e l’Università. «Mi rendo conto – le sue parole – che non sarò in grado di attuare il mio piano scientifico per riportare l’istituto sulla scena internazionale della ricerca e il ripristino della sua reputazione di principale istituto mondiale di biologia marina». Nelle prime ore sono circolati dubbi su possibili conti in rosso ma dall’ente viene chiarito che il bilancio è in regola, approvato dai revisori contabili. Tuttavia, avanzare dubbi di questo tipo potrebbe aprire la porta a un commissariamento da pare del governo Meloni. Ipotesi respinta poiché, si fa notare, lo statuto prevede che in caso di dimissioni subentri il vicepresidente fino a quando il ministero non avrà espletato un nuovo bando internazionale, come già capitato in passato.

IL POSTO DI PRESIDENTE per adesso, quindi, è in capo a Silvio Greco, docente di Ecologia marina e dirigente di ricerca della Stazione zoologica Dohrn. Ma si può lavorare oppure no alla Szn? «Per la prima volta un ente italiano ha realizzato una nave oceanografica destinata alla ricerca – spiega Greco -. Una struttura capace di operare 24 ore al giorno in tutte le acque, in Mediterraneo come in Atlantico, dotata di una strumentazione all’avanguardia nel settore dell’oceanografia e della biologia marina. A bordo avremo il primo batiscafo mai comprato in Italia per usi civili. In passato, quando ne ho avuto bisogno, l’ho dovuto affittare in Francia. Faremo il varo entro l’anno».

SI LAVORA anche accanto agli enti pubblici oltre a fare ricerca: «Stiamo facendo il piano della qualità delle acque della Regione Calabria e abbiamo una convenzione con la Procura di Vibo Valentia contro l’inquinamento. Abbiamo fatto lo studio sui fanghi accumulati dopo l’alluvione di Casamicciola dell’anno scorso per permettere il loro smaltimento. Nel settore dell’eolico off shore la Stazione lavora su dodici progetti. Abbiamo fatto il primo studio di impatto ambientale nel Canale di Sicilia sul più grande parco eolico del Mediterraneo, 90 pale per la produzione di quasi 8 giga che significa una centrale nucleare e mezzo solo che si fa a 40 chilometri dalla costa, si realizza in tre anni su piattaforme galleggianti a impatto ridotto. Il nostro studio ha individuato i siti idonei: fondali di oltre mille metri, aree fangoso sabbiose distrutte dalla pesca a strascico. Con gli impianti si fermerà la pesca, entro 5/6 anni l’ambiente marino riprenderà vita». E poi c’è il biotech: «Lavoriamo al recupero di molecole dal mare che possono essere utilizzati ad esempio come antidolorifici. Siamo il primo ente di ricerca italiano sul mare certificato dall’Anvur, secondi in Europa e ottavi nel mondo».

IL LEGAME CON L’ORIGINE della Szn è sempre rimasto forte, racconta Greco: «Dohrn fonda la prima Stazione a Napoli ma la sua idea era moltiplicare le sedi lungo la costa perché l’Italia è nella posizione ideale per studiare il Mediterraneo. Si è fermato a una ma il suo progetto l’abbiamo portato avanti noi, anche grazie al grande lavoro che ha fatto Roberto Danovaro. Adesso abbiamo sedi a Genova, Fano, Roma, quattro in Campania, Amendolara in Calabria, tre in Sicilia. Così abbiamo anche superato un importante gap poiché non c’erano centri di ricerca sul Mar Ionio, tra i più importanti eppure il meno studiato. Ad Amendolara per la prima volta abbiamo documentato la presenza di corallo rosso e corallo nero. Napoli rappresenta per noi ricercatori l’avanguardia culturale, il cuore di un progetto che si espande consentendoci di studiare il Mediterraneo».

PERCHÉ È IMPORTANTE farlo lo spiega lo stesso Greco: «Il mare ci dà il 51% dell’ossigeno che respiriamo attraverso le alghe unicellulari. Ci può dare l’energia rinnovabile attraverso il vento e ci dà il cibo. Non solo attraverso la pesca, che è sovrasfruttamento, ma attraverso i molluschi e le alghe. E ci dà l’acqua. Il mare è la nostra assicurazione sulla vita».