Quello che rende Nada personaggio unico nel panorama italiano, è la capacità – che solo superficialmente si vorrebbe etichettare come «un po’ snob» – di sganciarsi completamente dalle mode e dalle consuete modalità di costruzione di una canzone. Ogni disco di Nada – almeno negli ultimi venti anni – segue – perdonate l’ossimoro – un’illogica/logica di comporre apparentemente senza una linea tradizionale di riferimento. Una modalità anarchica di costruire flussi sonori inquieti, melodie non immediatamente fulminanti ma che catturano nel tempo. Anche questo atteso ritorno La paura va via da sé e i pensieri brillano (La tempesta Dischi – distr.Audioglobe) – pubblicato a tre anni di distanza da È un momento difficile tesoro, non fa concessioni a sonorità radio friendly, ma è frutto di una ricerca meticolosa (e meditata) dell’artista toscana, la cui vena sempre più spesso trova spazio anche in romanzi tanto che in cantiere ha un nuovo libro che – parole sue – «prima o poi uscirà».

Paura e disperazione, ansia di libertà, la pandemia non ha portato «solidarietà» ma più spesso sconforto, disillusioni, Nada lo sa.

INSOMMA, non c’è nessuna urgenza e i tempi dilatati del lockdown e della pandemia, hanno permesso ai dieci pezzi che compongono il disco di maturare a dovere. E non solo per merito dell’autrice; dietro il banco di regia ancora una volta (la terza) c’è tutto il genio di John Parish – non nuovo a collaborazioni con nomi importanti come P.J. Harvey, Tracey Chapman, Eels – che dell’artista livornese ha compreso tutto: il genio, l’apparente sgrammaticatura di alcune sue composizioni, affascinato dal suo canto sghembo spesso gridato. Già, le urla, l’attitudine punk: lo fa spesso nei concerti – una sorta di liberazione dice lei – e che qui arriva alla fine della seconda canzone, Io ci sono. Un grido lungo la bellezza di 30 secondi: «Nell’aria e mani piene di gesti. Io ci sono e mi tengo forte a un ferro. Un bastone per tenere fermo il cuore, io ci sono in questo giorno in questo mondo io ci sono io ci sono».

PAURA E DISPERAZIONE, ansia di libertà, la pandemia non ha portato «solidarietà» ma più spesso sconforto, disillusioni, Nada lo sa. E così rifugge dallo scontato, lo ha sempre fatto nel corso della vita e della carriera. Adolescente ribelle «che non voleva cantare» – un’esistenza diventata nel 2021 anche un omonimo film tv diretto da Costanza Quatriglio, si è sganciata a fine anni ottanta dalle logiche delle major. Ma già molto prima – dopo il successo sanremese epocale di Ma che freddo fa e Il cuore è uno zingaro, le hit birichine anni 80 Ti stringerò, Amore disperato, l’incontro con Piero Ciampi con cui realizza un album tanto bello quanto incompreso le fa capire che l’autonomia passa da una scrittura personale.
In mezzo al mare – che apre il nuovo disco – mette in chiaro il suo pensiero: «Non si può mai dire che camminando arriverai dove vuoi, si può anche affondare oppure buttarsi scegliere di buttarsi in mezzo al mare. Dove sono i cani, dove stanno gli umani dove ci sono i fiori in mezzo al mare ti potrai spaccare e godere della vita».
Le nuove canzoni di Nada sono attese dalla prova live in un tour che inaugura il 21 ottobre a Genova, prosegue il 22 a Ravenna, il 9 novembre a Roma. Altre date: il 25 novembre a Livorno, il 3 dicembre a Settimo Torinese, il 16 dicembre a Bologna e il 14 gennaio a Milano.