Mutamenti sociali e variazione storica di prezzi e servizi
SCAFFALE «Le memorie del paniere», pubblicato da Donzelli un volume di Giovanni A. Barbieri e Paola Giacché
SCAFFALE «Le memorie del paniere», pubblicato da Donzelli un volume di Giovanni A. Barbieri e Paola Giacché
«Succede ogni anno, all’inizio di febbraio, puntuale come il Festival di Sanremo». È la pubblicazione del «paniere» dell’Istat, il calcolo della variazione media dei prezzi di prodotti e servizi nel corso del tempo. Comincia così un gran bel lavoro di Giovanni A. Barbieri e Paola Giacché, Le memorie del paniere (Donzelli, pp. 206, euro 18). Un secolo di storia nazionale, il primo paniere è del 1928, narrato tramite le abitudini di consumo che fotografano il cambiamento della struttura sociale e produttiva del paese.
NELLE PAGINE DEL LIBRO si intrecciano le spiegazioni scientifiche sui modelli di rilevazione statistica, con le osservazioni sui consumi che cambiano e il continuo, e assai godibile, rimando a film, canzoni, trasmissioni televisive o radiofoniche, pubblicità che segnalano, o a volte anticipano, come nel caso della pubblicità dei jeans, «chi mi ama mi segua», i cambiamenti nel costume e nei consumi.
Come affermano gli autori nell’introduzione «le merci del paniere perdono il loro carattere di feticcio, riacquistano la loro natura sensibile e rivelano i rapporti sociali sottostanti».
Si parte col primo paniere, dominato dai beni di sussistenza, polenta e baccalà, strutto e lardo per friggere, gas, legna secca e carbon coke per cucinare e riscaldarsi, e nel quale gli abiti che si indossano sono cuciti con i tessuti acquistati e non comprati già confezionati. Per arrivare, dopo un lungo percorso, all’ultimo, quello del 2022, dove entrano mascherine, gel igienizzante, test e tutto l’armamentario legato alla gestione della pandemia, mentre l’abbonamento a internet, ancor più fondamentale in tempo di lockdown, incide in misura maggiore di altri consumi.
LA MANIERA DI RILEVARE il dato dei prezzi è un altro indicatore dei cambiamenti in atto nella struttura produttiva; dai piccoli negozi di prossimità al peso sempre maggiore delle grandi superfici commerciali a partire da quelle alimentari (il primo «supermercato» alimentare aprì a Milano nel 1957).
E poi le polemiche politiche e culturali nei confronti dell’Istat, accusata in alcuni momenti di «sottostimare volontariamente» l’aumento dei prezzi. Prima perché il paniere, con l’introduzione della scala mobile con l’accordo sul punto unico del 1975 tra sindacati confederali e Confindustria, ha un impatto diretto sui salari. Poi al momento del passaggio dalla lira all’euro (gennaio 2002) quando la percezione del drastico rialzo del costo della vita, legato all’aumento di moltissimi generi di largo utilizzo, si scontra con i dati forniti dall’istituto di statistica che al contrario offrono un quadro «rassicurante». Saranno i giorni della polemica della «zucchina romanesca» con le associazioni di difesa dei consumatori che partendo dal prezzo di questo ortaggio, cresciuto sensibilmente, mettono in discussione le metodologie di rilevazione dei dati utilizzate.
Nella storia del paniere non c’è solo un paese povero, con consumi limitati, che diviene ricco con una spesa che si sposta anno dopo anno dai consumi primari, alimentazione e abitazione, a quelli legati ai servizi.
CI SONO I CAMBIAMENTI del costume prodotti dai movimenti sociali, dalle lotte operaie e sociali che modificano la distribuzione della ricchezza e quindi aprono il mondo del consumo, non solo primario, a settori di popolazione sempre più ampi. Arrivano gli oggetti indossati nelle manifestazioni, dai jeans, agli zoccoli, dalle gonne a fiori, all’eskimo; aumenta il peso delle spese per libri e spettacoli, cinema e teatro. Poi, a partire dagli anni Ottanta, con il riflusso e «l’edonismo reaganiano», atterrano nel paniere altri oggetti e consumi simbolo, come il piumino o l’aperitivo della Milano da bere.
Una scommessa vinta, quella di questo volume quindi: tenere insieme dettagliate spiegazioni su come, da un punto di vista statistico, si definisce l’indice dei prezzi e come la metodologia cambi nel corso del tempo rispondendo a una società sempre più complessa, ma anche al bisogno di armonizzare i dati italiani con quelli degli altri paesi dell’Unione europea, con la storia sociale, i cambiamenti nel costume, i grandi avvenimenti che segnano i passaggi politici ed economici del nostro paese.
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