Muos: per noi niente viaggio premio?
Muos Gli Usa invitano i giornalisti
Muos Gli Usa invitano i giornalisti
Mi trovo a Niscemi, terra siciliana di carciofi e di Muos. Le tre parabole dell’apparato di guerra statunitense sono state montate da poche settimane e svettano sicure verso il cielo. I satelliti ronzano in orbita, tutto si sta approntando per avere l’intero globo terraqueo controllato militarmente con risoluzione di meno di un metro quadrato e percorso dai droni pronti a colpire. Sono qui con Gianni Vattimo, filosofo: ieri abbiamo parlato ai ragazzi del liceo scientifico, provando a spiegare come tutto questo non sia né etico né morale, oltre che pericoloso. Confrontandoci, poi, nel pomeriggio, con i Comitati e il Movimento Nomuos sul «che fare?» che a questo punto potrebbe sembrare velleitario. Manifestazione il 1 marzo, tavolo tecnico dei sindaci il 20 febbraio, ricorsi al TAR a fine marzo. Serve? È già persa, la partita? Pare di no. Giunge notizia confermata che il Dipartimento di Stato Usa ha invitato i giornalisti delle maggiori testate italiane ad andare a visitare i Muos già funzionanti all’estero, in Virginia e alle Hawaii. Per dimostrare come i paraboloni siano del tutto innocui e la gente viva loro vicino in assoluta contentezza, letizia e salute.
Il viaggio-premio avverrà fra fine febbraio ed i primi di marzo, in modo da ottenere buoni articoli sulla stampa locale – italiana ed europea -, quaggiù nelle colonie, in vista del grande avvenimento, ormai trapelato: l’accensione del Muos intorno ad aprile. Magari il 25 del mese, in modo che in futuro si possa sostituire la festa della liberazione con l’anniversario della messa in funzione del definitivo sistema per la guerra totale che permise il trionfo della democrazia. Sarà davvero un bella scampagnata, cui purtroppo – inspiegabilmente – noi del Manifesto non siamo stati invitati: già immagino l’infornata di giornalisti italiani – fino al giorno prima convinti che MUOS fosse il nome di un pokemon – in visita alle basi, con la loro brava cartelletta-briefing, le foto ricordo e – come fu anche in occasione della visita dei giornalisti a Niscemi lo scorso luglio – le belle grigliate offerte nei prati dentro le basi. Non potrà che sortirne un ottimo ritorno d’immagine, pensano i nostri “alleati” statunitensi. Certo, pare che il MUOS in Virginia sia in un posto niente di che, ma quello alle Hawaii merita davvero un’escursione. Peccato che nel pacchetto-vacanze non sia compreso anche l’altro Muos, quello in Australia, destinazione un po’ meno banalotta delle ormai sfruttate Hawaii.
Onestamente, ci assale una certa speranza. Gli americani ancora temono la nostra pubblica opinione, la chiara volontà della maggioranza della popolazione siciliana e italiana nel ripudiare il destino di avamposto di guerra che la presenza del Muos comporterebbe per Niscemi e per la Sicilia. Allora la partita non è ancora persa, anzi, si può quindi vincere. Possibile infatti che gli americani fidino davvero nel fatto che i giornalisti invitati siano così impudenti ed imprudenti da accettare un invito così compromettente che punta a trasformarli almeno in «embedded»? Che sperino davvero che nessuno scriva che la legislazione Usa sulle onde elettromagnetiche è assai più permissiva di quelle europee e italiana, non tutelando le popolazioni dagli effetti ritardati e a lungo termine delle radiazioni, e che quindi – certamente – i Muos americani rispettano i limiti delle «loro» leggi? Non ci vuole poi molto a capire che – se di effetti a lungo termine si parla – questi sono per ora invisibili per degli apparati in funzione da pochissimo tempo, e che quindi la vista delle linde e pinte casette americane con famigliole felici e sane non ha alcun significato. Se non del turismo al servizio del sempre bonario padrone. Siamo ben certi che la stampa italiana rifiuterà in blocco questo tentativo di cooptazione e che sarà come un immenso boomerang. Già. E se invece non andasse così? E allora getto però la maschera e parlo a nome mio e di un paio di miei amici e colleghi che da anni scrivono di armamenti o Muos sul Manifesto, cioè Manlio Dinucci e Antonio Mazzeo. Noi tre parliamo un ottimo inglese, siamo degli esperti di sistemi d’armi e di Muos, siamo sempre eleganti e sappiamo anche comportarci nei party; io poi sono anche un discreto surfista avendo vissuto a Los Angeles, ed alle Hawaii mi divertirei un sacco. Invitate anche noi tre, cari amici americani, fateci godere almeno le briciole di questa grande abbuffata. Il governatore siciliano Crocetta ha avuto, dopo la sua gran revoca delle revoche sul Muos, articoli celebrativi sul New York Times e sul Washington Post. Noialtri, in fondo, ci accontenteremmo di un viaggetto.
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