Muntadas, l’archivio collettivo della censura
Mostre A Villa delle Rose, l'antologica dell'artista catalano che indaga il web e la rete delle informazioni
Mostre A Villa delle Rose, l'antologica dell'artista catalano che indaga il web e la rete delle informazioni
«Attenzione: la percezione richiede impegno». Questo avvertimento, o consiglio, accoglie il pubblico alla mostra Muntadas. Interconnessioni, prima antologica italiana dedicata all’artista catalano Antoni Muntadas, curata da Cecilia Guida e Lorenzo Balbi, da oggi fino al 22 marzo a Bologna, a Villa delle Rose (accompagnata da una pubblicazione in tre lingue edita da Corraini).
Il progetto, promosso dall’istituzione Bologna Musei – Mambo in collaborazione con Artium, centro basco di arte contemporanea, rientra nel ricco cartellone di proposte di Art City Bologna 2020.
L’ARTISTA, nato a Barcellona nel 1942 che dal ’71 vive a New York, ha esposto nei più importanti musei del mondo e nel 2005 ha rappresentato la Spagna alla Biennale di Venezia. Ha insegnato in alcune delle più prestigiose istituzioni internazionali, attualmente è professore allo Iuav di Venezia. L’esposizione traccia un percorso trasversale nella produzione di Muntadas dagli anni 70 a oggi. Attento osservatore della società e delle relazioni pubblico/privato, grazie al suo metodo da ricercatore crea, costruisce e consulta archivi in cui chiede e si avvale della partecipazione del pubblico.
L’elemento che contraddistingue la sua opera è il ruolo e l’uso dei mezzi di comunicazione di massa come veicolo di un immaginario politico, e della circolazione delle informazioni. Ventuno sono i lavori esposti che spaziano dalle fotografie ai video, dalle pubblicazioni al web, dalle installazioni agli interventi urbani. Una chiave di lettura per comprendere il suo percorso artistico, un’analisi prismatica che permette di cogliere la sensibilità al centro del suo metodo di lavoro composto da reti intessute fra persone che attraversano spazi. Le sue opere, nelle sale della villa, assumono una dimensione quasi domestica, immersiva.
AL CENTRO DELLA SUA POETICA Arte e Vida, come dimostrano le serigrafie di progetti e proposte appuntati durante alcuni mesi trascorsi in viaggio in Sudamerica negli anni ’80. Le connessioni con musei e spazi alternativi, persone, luoghi, hanno creato mappe di incontri e idee poi sviluppate successivamente.
L’installazione La Televisión, del 1980, mostra un vecchio monitor spento su cui sono proiettate immagini di manifestazioni di piazza degli anni ’60 e ’70 e slogan, che vanno oltre la cornice dell’elettrodomestico a indicare una finestra troppo piccola per contenere il mondo che dilaga ed esce dai limiti dello schermo, con il brano La Televisiun di Enzo Jannacci a fare da sottofondo. Il pannello punto informazione The File Room è invece la documentazione dell’installazione del 1994, anno in cui internet non era ancora così pervasivo: Muntadas ha indagato la rete a partire da un episodio di censura che lo ha colpito personalmente, quando un programma commissionatogli da una tv spagnola non è mai stato trasmesso.
QUESTO PRETESTO ha dato il via a una riflessione sulla censura culturale e a una reazione che è diventata un lavoro concettuale per permettere così ad altre persone, vittime di casi analoghi, di contribuire alla costruzione di un archivio online, progetto tuttora in corso. Un’opera collettiva che ha segnato la sperimentazione artistica sul web, consentendo di mantenere un sistema aperto di partecipazione, una visione pionieristica servita da modello per pratiche realizzate negli anni successivi e diventata una fonte di accesso a un’informazione alternativa (consultabile su www.thefileroom.org).
Palabras Palabras (2017) riporta una selezione di termini politici comuni usati nel quotidiano abusati e svuotati di senso tanto da scomparire e dissolversi, frantumarsi. Fra questi democracia, ideologia, transparencia, gobierno, politica, debate, retorica…
C’È ANCHE un’installazione che riflette sul potere dell’immagine, questa volta cinematografica, ne La Siesta: una poltrona ricoperta da un lenzuolo bianco su cui scorrono le immagini della filmografia dell’olandese Joris Ivens.
In altre opere video e fotografiche sono invece protagonisti i gesti, come quelli della politica. Uno zoom inquadra le mani nei palazzi di governo e nelle sale conferenze durante decisioni importanti, oppure quelle più semplici nei mercati spagnoli dove oltre allo scambio di merci, prodotti e denaro, c’è anche uno scambio e una relazione umana.
Oltre a Villa delle Rose, l’esposizione si completa con i materiali su tre grandi progetti realizzati dall’artista ospitati alla Fondazione Federico Zeri dell’università e un progetto site specific dal titolo On Translation.
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